venerdì 17 aprile 2015

Cammin facendo, Tu ti fidanzi con la mia gioia

17 aprile

Per quanto si possa sforzare, o per come esso voglia spiegare a chi non intende come stanno realmente le cose, il mondo non riuscirà mai a penetrare in profondità che cosa accade di fantastico nella vita di una persona quando essa incrocia con il suo sguardo quello di Dio.
Per quanto esso sia vasto e immenso, rispetto alla piccolezza e alla fragilità dell’umanità che lo abita provvisoriamente, il mondo non potrà mai riempire la vastità del cuore e della mente di una singola persona.

Plasmando l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza, con le sue dita Dio ha scavato dentro di loro un vuoto che solo lui, il Creatore, è in grado di colmare con la sua stessa presenza. Ed anche se soggetta alle leggi del finito, Dio ha creato l’umanità per l’infinito. Solo lui, e nessun’altra realtà se non lui solo, potrà mai dare un senso pieno all’esistenza di una singola persona. E tutto si gioca qui, nell’animo di una persona, nella sua ricerca appassionata di dare un senso realizzante al proprio vivere.

Questo discorso è difficile da udire e da comprendere per quanti, di fronte alle misure infinite dell’orizzonte di Dio, hanno scelto di ridurre le loro aspettative e i sogni della loro storia personale entro lo spazio di un orizzonte minore, disegnato da soli e con la volontà di non rischiare poi molto nella loro vita.

Stare al di qua della linea del tempo e dello spazio della propria storia umana è la cosa più facile che una persona possa fare. Puntare all’oltre, invece, a ciò che non è semplicemente misurabile usando i convenzionali criteri umani, richiede una fiducia nell’infinito potenziale della propria mente e del proprio cuore. Aprirsi all’infinito è un’impresa, qualcuno direbbe per pochi eroi, in verità, è il primo passo verso la verità di se stessi, poiché è parola di Dio che veniamo tutti dall’infinito di Dio.


Finito, infinito, spazio, tempo, orizzonte e limite tutto rientra all’interno della storia di una vocazione, quando Dio non ha timore di varcare per primo le soglie del tutto, andando incontro alle persone che lui stesso ha scelto e chiedendo loro di fare altrettanto con lui, cioè di scegliere lui, con una risposta personalissima di amore e di generosità. Il primo passo in una storia vocazionale sta proprio qui, nell’accettazione da parte di entrambi – Dio e la persona chiamata – di giocare tutto se stessi in una reciprocità senza limiti, all’interno di una relazione di amore e di fiducia.

Se anche tu senti nel tuo cuore e nella tua mente che Dio è una forza attrattiva d’amore, capace di trascinare irresistibilmente a lui quel qualcosa di te cui ancora non sai dare un nome preciso; se ti accorgi che senza Dio al tuo orizzonte ogni strada che stai percorrendo non condurrà mai alla gioia della tua vita; se il tempo che ritma il tuo giorno è come un martello che esalta e fa vibrare la pelle che avvolge il vuoto che ora è in te; se… che aspetti?

È il tuo primo “sì a Dio” a far cambiare la meta, la strada e il passo del tuo cammino. È sempre il tuo primo “sì” a trasfigurare in te la sfiducia in fiducia, le ferite subite nella vita in occasione di guarigione per una vita nuova, la solitudine iniziata anni or sono in una futura storia di comunione intima e profonda con Dio. E dire il tuo “sì” alla chiamata di Dio vuol dire iniziare, soprattutto, un cammino all’interno del quale, segretamente, Dio si fidanza con la tua gioia. E – al di là dell’umano – Dio è Dio anche nella fedeltà dell’amore, quello che lui prova pazzamente per te e che tu, balbettando il tuo primo “sì”, inizi a sentire come una sua carezza sulla tua pelle.