mercoledì 28 febbraio 2018

44 sono i gatti: e gli altri?

alla sera del giorno
28.02.2018

Ma l’abbiamo canta un po’ tutti, o per gioco, o per scherzo, o come inno goliardico del nostro gruppo d’appartenenza, anche solo per un momento di allegria, in una serata spensierata tra amici.
Sfidando la conta per tre e il resto che non torna mai, abbiamo cercato la normalità di una marcia in avanti, a sfoggio di musicalità e di allegria, una fila dopo l’altra fino al raggiungimento di una somma che non batte giusta, ma a cui manca sempre un numero a completamento.
E il gatto mancante? E tutti gli altri gatti che non sono entrati nella conta? E chi si è ritrovato escluso dalla possibilità di marciare in allegra compagnia dei suoi simili?
Nella scelta c’è sempre uno scarto, che si tratti di un proprio simile, come di chi appartiene a un’altra specie, a un gruppo di simili che non potrà mai essere simile ad altri.
Tra le persone la scelta è purtroppo un privilegiare qualcuno a discapito di altri, un innalzare l’uno sugli altri, un lasciare spazio di privilegio ad alcuni rispetto alla volontà di appiattimento degli altri.
Tu guardi e conti, Signore, soprattutto chi pensa di non essere degno di valere qualcosa ai tuoi occhi, chi non si sente numero ma sempre pari allo zero, chi trova in sé mille motivi per sottovalutare la preziosità del suo esistere, del suo essere un tuo pensiero, una tua emozione. Tu non fai delle mancanze di ciascuno un motivo di discriminazione fra tutti, semmai la ragguardevole ragione di una scelta di prossimità, perché ognuno abbia il diritto di sentirsi uguale agli altri non nel momento del traguardo, bensì nell’istante della partenza della sua vita.

martedì 27 febbraio 2018

Quattro passi alla porta del cuore

alla sera del giorno
27.02.2018

Una storia a due può avere mille sfumature emotive, altrettante sfumature d’intensità e di senso, in quello che è il dono reciproco di sé all’altra persona. Più che mettersi insieme per un semplice lasciarsi andare dentro le braccia di chi dice di essersi perdutamente innamorato di noi, giungendo alla porta del cuore di una persona, ci sono gli ultimi quattro passi che fanno la differenza.
Anzitutto, il quartultimo passo è quello legato al valore della gentilezza affettiva. Grazie ad una presenza amorevole nella vita dell’altro, tutto si gioca nello sforzo di offrire sincera felicità, non smettendo mai di guardare negli occhi e di dialogare con chi si sta amando, per rendere questa persona positivamente sostenuta dal tratto gentile di se stessi. È certo che in amore non si nasce imparati, neppure si può vivere solo di un insensato copia e incolla, piuttosto di un umile apprendistato di quella che fra tutte è l’arte più difficile, il dono del cuore.
Il terzultimo passo è legato al valore della compassione, l’impegno diuturno cioè di togliere dalla vita della persona amata ogni forma di negatività, di sofferenza e di dolore. Non si tratta solo di impegnarsi a non essere la causa del male altrui, bensì il sostegno in ogni suo processo di crescita e di guarigione. Scoperto il tipo di sofferenza che fa sanguinare la vita, una volta che la persona amata si sente compresa e sostenuta, ecco che essa stessa trova tutto il coraggio necessario per affrontare più facilmente le difficoltà del suo percorso. Tutto questo è possibile, perché spesso le persone riemergono dagli abissi del male solo quando avvertono la presenza positiva di chi le ama, di chi ha scelto di stare ogni giorno dalla loro parte.
Il penultimo passo alla porta del cuore è determinato dallo stile della gioia, quel qualcosa che non ha nulla a che vedere con la superficialità in amore, una vacua felicità delle cose, piuttosto la gioia per la stagione della raccolta dei frutti di una relazione amorevole e feconda. E di gioia profonda ogni storia d’amore ne è affamata e assetata assai.
L’ultimo passo alla porta del cuore è, infine, quello della libertà, non tanto di fare quello che ciascuno vuole, incurante dei contorni di contenimento delle proprie idee e delle proprie scelte affettive; piuttosto quel tipo di libertà che si manifesta come la consapevole donazione alla persona amata dei propri spazi vitali, la condivisione della direzione e del cammino della propria esistenza. Nella libertà avviene il dono più grande di se stessi, la delicatezza di aprire la porta del cuore della persona amata e di varcare rispettosamente la soglia della sua vita.
Ce lo hai dimostrato tu, Signore, cosa voglia dire amare per davvero, intensamente, una persona, nella gentilezza amorevole, nella compassione del suo vissuto, nella dimensione della gioia piena per ciascuno, perché il tuo amore rende tutti liberi di amare a loro volta la vita degli altri. E nell’amore anche noi ritroviamo la via della libertà da noi stessi e da tutto ciò che ci lascia fuori dalla porta del cuore di abita il nostro cuore. 

lunedì 26 febbraio 2018

Ciò che ci determina ora è il futuro

alla sera del giorno
26.02.2018

È un’illusione continuare a pensare e a credere che sia solo il passato, quello che è stato ieri di noi e della nostra storia, a determinare l’esperienza che stiamo vivendo ora. Certo, arriviamo tutti dal giorno che già da un po’ si nasconde dietro le nostre spalle, che sta ben fermo in un tempo che non possiamo più abitare per una seconda volta; tuttavia, che cosa determinerà quello che vivremo, quello che saremo oggi?
Non è il passato a decidere, a determinarci, non può essere ciò che non è più vivo dentro di noi, se non nei profumi della memoria. Piuttosto, è il futuro a infondere in ciascuno l’ardire di fare in questo preciso istante la scelta giusta, la tenacia a muovere proprio oggi un passo verso ciò che ora ancora non possediamo, ma che sentiamo, in anticipo, di potere raggiungere tra non molto.
Avere presente a noi stessi il valore del futuro, essere orientati ad esso, lasciarci da esso attrare, grazie a tutte le sue possibili potenzialità ed energie vitali, questo fa la differenza ed infonde in molti quella ragion d’essere legata alla parte migliore e sempre rinnovabile della propria vita. Si tratta di un viaggio oltre ciò che è stato, attraverso un presente pieno di virtualità tutte da sperimentare, verso un futuro che sapremo far invecchiare con noi, è la caparbia voglia di essere già oggi quello che vorremo essere per sempre domani, persone sempre “più migliori”.
Nella confusione del nostro viaggiare dentro gli spazi infiniti di noi stessi e del tempo che ci attraversa, oltre la punta dei nostri nasi, tu ci indichi, Signore, un futuro che già tu abiti con la tua eternità. Non ti fa problema il nostro essere infarinati di passato, impacciati a foderare di libertà questo presente. Anche se scoordinati nel colorare di futuro i nostri pensieri, tu ci prendi per mano e ci aiuti a muovere i primi passi oltre i limiti che ci siamo prefissati, oltre le palizzate che a protezione da ciò che non conoscievamo bene abbiamo faticato ad erigere; ma è solo nel fidarci di te, Signore, che via via iniziamo ad abitare anche il futuro. 

domenica 25 febbraio 2018

E l’infelicità visse di estremi

alla sera del giorno
25.02.2018

Il verbo al passato è solo per esigenze di titolo. Ogni giorno è più che adatto per vivere di estremismi, in entrambe le direzioni, rispetto a un centro di equilibrata misura. Che si tratti di uno o di più aspetti della propria personalità, la storia di ciascuno conosce l’eccesso di qualcosa e in qualcosa, sia nel passato, sia nel presente, così come in un auspicabile, perché no, prossimo futuro.
C’è da premettere, però, e quindi a un certo punto da ammettere, che ogni tipo di estremismo ha a che fare con un disordine interiore, risultato esso dalla somma di pensieri, di desideri, di stati emotivi e di sentimenti in corso, per nulla equilibrati tra loro.
Eppure, c’è bisogno di un sano disordine interiore per vivere di una vita viva, pulsante, sempre stimolata dall’imprevisto e da ciò che ci si può aspettare di esplosivo e di reattivo a un certo punto della propria storia personale.
L’impegno a ritrovarsi al centro di se stessi, a ritrovare la giusta posizione tra positivo e negativo, tra il bene e il male, tutto ci rende immuni dal pericolo di collocarci in modo permanente e definitivo su posizioni di noi per nulla giustificabili. All’estremo di noi stessi, là nei punti di residenza delle nostre consolidate abitudini, proprio lì corriamo il pericolo di concepire, alimentare, fare crescere e sposare la nostra infelicità.
Se non altro, vivere di continui equilibri esistenziali equivale a vivere di continui stimoli di aggiustamento, di se stessi e delle mille cose che abitano la nostra esistenza, sul punto e sulla posizione migliore della nostra vita.
Per te è difficile, Signore, accettare che ciascuno di noi si organizzi nella sua infelicità, che acquisti e venda parti della sua storia personale con l’intenzione di edificare via via una casa in cui sono bandite la fiducia, la bellezza, la gioia della vita. Anche sui piccoli movimenti, irregolari, diversi, improvvisati della nostra voglia di vivere, del nostro desiderato, esile equilibrio, stendi tu la tua benedizione. Chissà che la tua mano ci insegni il valore nella vita di un punto fermo di riferimento, per stabilizzare e mettere in bolla ogni dimensione di noi stessi e per ritrovare ogni giorno, oltre il nostro egocentrico orizzonte, spazi e luoghi d’infinita umana e divina felicità. 

sabato 24 febbraio 2018

Digerire bene è prova di buona salute

alla sera del giorno
24.02.2018

Senza ridicolizzare le cose, l’uomo è un essere digerente. Come ogni altro essere vivente, egli mangia di tutto e, normalmente, digerisce tutto.
Talvolta ci sono delle complicazioni, per la quantità di cibo ingerito, per la qualità di ciò che è passato per la bocca della golosità degli occhi, per la pericolosità di un alimento inghiottito scioccamente mentre era meglio lasciarlo là dove era stato colto.
Parafrasando l’idea, l’uomo si alimenta esistenzialmente di moltissime cose: pensieri e parole, nozioni, relazioni, emozioni e sentimenti, idee e sogni, e molto altro ancora. E ogni cosa, una volta digerita grazie alla propria forza vitale, concorre a far sì che ciascuna esperienza risulti gustosa al palato, gradevole alla vista e all’olfatto della vita.
Anche qui, però, non tutto è buono, non tutto giova alla propria salute psichico-spirituale. Nella propria storia personale ci sono passaggi, momenti esperienziali, disgrazie imprevedibili che causano problemi di digestione esistenziale: molte situazioni chiedono tempo e aiuto per essere accettate e smaltite, trasformate in occasione di alimentazione esistenziale, in energia di vita.
Alla fine, ecco la regola che, usando la bilancia della saggezza e del buon senso, non sono le tante cose che saziano, ma l’intensità di esse. In altre parole, non c’è poi molto bisogno di avere alle spalle un grandissimo numero di esperienze fatte, per essere certi di avere trovato il senso della propria vita, semmai il bisogno che tutto ciò che è stato vissuto un tempo sia stato vissuto intensamente, in prima persona, scoprendo in ogni cosa quelle vibrazioni di senso e di eternità che alimentano l’umana bramosia di Infinito.
Può risultarti sfacciato, Signore, azzardare l’idea di volere consumare anche te, la tua sostanza di eterna divinità. Può sembrarti una presunzione umana, quella di sfamarci dell’infinito; ma è l’unico modo che abbiamo per accogliere dentro il limitato esistere della nostra vita l’infinito esistere della tua. Non avviene forse così, ogni volta che riceviamo in dono un pezzo di pane e qualche goccia di vino, Corpo e Sangue, di Colui che ha detto un giorno “mangiatemi…”, “bevetemi…”?
E a questa mensa ci sediamo con gioia e con riconoscenza infinita, poiché sappiamo bene che un giorno vivremo di ciò che ora gustiamo con emozionante trasporto, te. Tu oggi dentro di noi, per sempre domani noi dentro di te.

venerdì 23 febbraio 2018

Tutti verso il centro di tutti

alla sera del giorno
23.02.2018

Anche se viviamo tutti sotto lo stesso cielo, non è detto che abbiamo tutti davanti agli occhi lo stesso orizzonte. Se alcuni guardano da un lato, e là vi trovano la loro meta, altri camminano in senso opposto con la caparbia convinzione che anch’essi, prima o poi, raggiungeranno ed oltrepasseranno la linea del loro traguardo.
La vita, però, non è solo questione di libertà di opinioni, in un senso o nell’altro; il libero e personalissimo diritto di potere dire ovunque la propria idea, vedendosi di ritorno comunque rispettati e apprezzati per l’onestà intellettuale dimostrata.
Su alcune realtà innegabili dell’umano esistere ecco che la vita chiede a ciascuno il coraggio della convergenza al centro, che si tratti di valori, di diritti e di doveri, di rispetto dell’identità di ciascuno, così come della libertà e del valore della sacralità della vita di tutti. Tutti verso il centro di tutti.
Ma le cose non sono così semplici come spesso lo sono le parole. C’è sempre una difficoltà nel comprendere l’urgenza del valore dell’unità, del passo indietro rispetto alla tentazione malefica della divisione e della faziosa contrapposizione di uno rispetto all’altro. Quante discussioni inutili, alla fine totalmente infruttuose; quanti conflitti verbali, e purtroppo non solo, sono andati via via crescendo fino al terribile annullamento di una persona dopo l’altra.
Tu operi, Signore, per l’unità di tutti e di ciascuno, incurante di ritrovarti ancora una volta nel bel mezzo di un incrocio infuocato di Male. È la tua passione, quella di seminare ovunque pensieri e sentimenti di riconciliazione, di fraternità e di armonica pace. Siamo sempre noi in difetto di fronte a te, singolarmente nudi al cospetto della tua volontà d’amore; sempre in stato di smarrimento e di confusione di fronte al fascino che su noi esercita sinuosamente il Maligno.
Le tue mani, Signore, raccolgano i nostri pensieri e i nostri desideri di te. Come fa il cercatore d’oro, che sul palmo della sua mano seleziona e separa i piccoli granellini d’oro da quelli di sabbia, così tu separa in noi, Signore, il Bene dal Male, perché possiamo risplendere ai tuoi occhi per tutto ciò che di buono sappiamo donarci gli uni agli altri e diventare, al centro di tutti, una sola cosa con te. 

giovedì 22 febbraio 2018

Veglia e sveglia sono parenti

alla sera del giorno
22.02.2018

Sono due i momenti precisi della notte e del giorno, gli attimi in cui ha inizio quel qualcosa di noi, un nuovo mattino, oppure il filo dei pensieri che non termina mai, neppure quando ci si tuffa dentro le lenzuola della sera.
Veglia e sveglia possono diventare benissimo due verbi di azione: per se stessi e per gli altri, per segnare il tempo e il suo infinito, la dimensione dei sogni e la concretezza dei battiti delle proprie emozioni.
In un traffico confuso di sguardi senza meta, la convinzione si fa più forte: nulla finisce per davvero quando si vivono le dimensioni più vere del proprio cuore, le altezze dei propri respiri, il luccichio splendente dei fili della propria luce interiore. Ed anche se talvolta ci si lascia andare, anche quando si cade per terra, la vita ci aspetta, da noi vuole il meglio di noi, perché noi le apparteniamo e lei è l’amore della nostra anima.
Non sottovalutare, Signore, la nostra voglia di lottare nella vita per non perderci nel nulla che a volte ci afferra i polsi. Ricordati di noi, ovunque sei questa sera, perché basta che tu ci cerchi e ci troverai tutti qui, a occhi in su, tutti abbracciati dentro una sola lacrima infinita di dolore e di gioia: lì tu ci poi leggere tutto il senso della nostra stessa vita.
Oltre a vegliare, insegnaci, Signore, a come svegliare noi stessi e il mondo; a come superare l’istigazione ad appiattire le nostre altezze e le nostre profondità esistenziali e spirituali, per continuare a vivere invece secondo la logica delle tue beatitudini e non più secondo i criteri del nostro umano tornaconto.

mercoledì 21 febbraio 2018

Più si hanno dubbi e più…

alla sera del giorno
21.02.2018

L’incedere lento, grave, dei propri passi, immersi dentro le dimensioni infinite del viaggio della vita, comporta il coraggio di cedere alla forza attrattiva della meta che si staglia un poco prima della linea dell’orizzonte.
Più che per quello che è stato, è naturale a sera avvertire tutta la fatica, il peso dei passi ancora da compiere, il tremolio delle gambe, l’incertezza di se stessi e del proprio futuro; sperando bene che il domani porti comunque con sé la sorpresa di novità inaspettate.
Più si hanno dubbi e più il miracolo è straordinario. Ce lo insegna la vita, ce lo ricordano le mille esperienze che in essa possiamo inventariare, custodire e ritrovare al termine di ogni giorno.
Per quanto sembri assurdo, anche la memoria dei peccati commessi ci rende migliori, perché il dolore che essi provocano nel ricordo, il nostro starci ancora oggi male per quanto è accaduto, tutto ci educa a imboccare nuove strade, ci sprona ad essere migliori, più giusti con noi stessi e con gli altri, sicuramente più umili. E ritrovando la verità di se stessi, ciascuno a sera ritrova disegnata in cielo la sua retta via.
Non sei forse tu, Signore, a incoraggiare tutti, a fare il tifo perché ciascuno non si scoraggi né per gli sbagli commessi un tempo, né ora per la mancanza di slancio per raggiungere traguardi di te. E perché l’impossibile diventi il miracolo di una vita, non smetti di ripetere che solo colui che riesce a ritrovare se stesso alla fine trova in ogni suo respiro il profumo di te. Più si hanno dubbi, quindi, e più il miracolo del tuo amore, Signore, illumina il nostro viaggio verso la pienezza della nostra gioia.

martedì 20 febbraio 2018

Portatori malati di negatività?

alla sera del giorno
20.02.2018

Alla fine lo sanno anche loro, lo scoprono ogni volta, ne hanno le conferme proprio ad ogni passo: la negatività è la loro pelle. Non è vero che sono nati così, con dentro una tale deformazione esistenziale, loro malgrado, cioè, non per colpa loro; quasi pretendessero di essere riconosciuti come portatori innocenti, sani, di negatività.
La negatività, invece, è una scelta, cercata e voluta, alimentata da una caparbia disattenzione a due valori radicali della vita, la bellezza e la bontà. Per le persone negative c’è solo una regola da osservare scrupolosamente, quella di fuggire, di non accettare mai per vera, sarebbe per loro stessi una forza autodistruttiva, la regola del “quello che è bello fa bene alla vita, quello che è buono è bello per la vita”. Meglio pensarla diversamente, meglio starsene sulle difese.
Piuttosto che accettare la legge del bene, ecco chi preferisce vedere il mondo a proprio piacimento, mantenendo fede alle proprie vecchie idee, alle consolanti consuetudini di sempre; dubitare per precauzione e pensare prima il peggio per poi accontentarsi di un’eventuale impensabile positività.
È corrosiva la negatività, per la pelle dei pensieri e per la pelle del cuore; molto di meno per la pelle della lingua, perché per espandersi attorno ha bisogno di entrare in relazione con il mondo, con il vissuto degli altri e… dire la sua.
Tu vedi, Signore, come nel pantone della vita la negatività preferisce sempre lo stesso colore, il grigio, e tutte le sue sfumature. Lo usa su tutto, lo indossa, lo porta con disinvoltura, quasi con fierezza e spavalderia, perché è il colore adatto per ogni minuto del giorno, per ogni stagione della vita, per un tutto di meno.
Tu stesso, Signore, lo hai visto, lo hai incontrato e ritrovato sulla tua pelle, ma il grigio della vita lo hai contrastato in prima persona, tirando fuori la fantasia dei tuoi colori.
Aiutaci a non morire di negatività, soprattutto in quel delicato luogo di vita che è fatto di relazioni sociali, di esperienze e di condivisione umana e spirituale. Dove vuoi, quando puoi, ritocca tu i tratti della nostra vita e, se anche ci fossero delle striature di negatività, non tardare, Signore, ad accerchiarle una ad una con l’arcobaleno della tua fantasia d’amore. 

lunedì 19 febbraio 2018

Per carità, Gesù, frena!

alla sera del giorno
19.02.2018

È vero, Gesù, per carità frena!
Non è per mancanza di fiducia in te, dubbi sulle tue abilità di guida, o per l’arte che hai di passare da un pedale all’altro, acceleratore e frizione, quasi mai un colpo di freno.
Non si tratta neppure di frenare perché non riusciamo a starti dietro, a tenere il tuo passo. Siamo seduti accanto a te, e metà della fatica è già risparmiata. Ma qui si tratta di salvarsi la pelle dell’anima!
In questo viaggio della vita tu guidi il tempo e la storia a velocità che solo tu sai navigare, un destreggiarti tra ostacoli di senso e di non senso, d’illusorie certezze e di certezze già sorpassate alla grande, appena un secondo dopo che le abbiamo raggiunte. Lungo il tragitto non riusciamoci ad abituarci a un paesaggio, a starci dentro, non solo con gli occhi ma con tutto noi stessi, iniziare a trovare in esso anche punti di appoggio e di comodità, che tu all’improvviso svolti l’angolo; caspiterina, ed eccoci davanti nuovi orizzonti, nuovi possibili mille scenari, tutti da attraversare. E chi riesce, con te alla guida, a schiacciare un pisolino?
Però, Signore, non ascoltare le nostre paure, le nostre resistenze alla tua velocità. Alla fine, se ne andrebbe della bellezza di questo nostro starti accanto; del nostro sfrecciare insieme a te dentro dimensioni che mai avremmo pensato e deciso di attraversare; di dribblare, come ora stiamo facendo con te, dentro la giungla delle mille consuetudini umane; tra queste e quelle, vecchie cose, ridicole palizzate di contenimento della tua travolgente energia.
E intanto tu ci guardi, incroci i nostri sguardi, sorridi e, furbescamente, incurante delle nostre mani ancorate ad ogni punto di presa, ci inviti a guardare e a contemplare oltre il muro delle nostre autodifese, e ci dici “guardate là…”, “guarda qui…”, “hai visto là che bello…”, guarda da questo punto quel…”. "Ok, ok, Gesù, ma chi guarda la strada?".
E tu, alzando entrambe le mani al cielo, ripeti più volte: “Tranquilli, tranquilli, c’è qui Spirito, il mio amico. Ci pensa lui!”. Guardiamo te, guardiamo noi, ci guardiamo attorno e non vediamo nessuno alla guida se non tu. "Ok, ok, andiamo bene!?!?".
A questo punto non ci resta altro da fare che fidarci di te, Signore, se non altro perché fin qui non ci è accaduto ancora nulla di male. E il viaggio continua, alla velocità del tuo amore. Perché no?

Abbandonati da Gesù che sale al cielo?

ieri CHIESA OGGI domani
alla riscoperta di Gesù, il Risorto,
vivo dentro la sua Chiesa


Milano, 18.02.2018

INCONTRO - 004
Lectio divina su At 1,9-11




LA SACRA PAGINA
At 1,9-11
9 Detto questo Gesù incominciò a salire in alto, mentre gli apostoli stavano a guardare. Poi venne una nube, ed essi non lo videro più.
10 Mentre avevano ancora gli occhi fissi verso il cielo, dove Gesù era salito, due uomini, vestiti di bianco, si avvicinarono loro 11 e dissero: «Uomini di Galilea, perché ve ne state lì a guardare il cielo? Questo Gesù, che vi ha lasciato per salire in cielo, ritornerà come lo avete visto partire».

sabato 17 febbraio 2018

E tutto sta nel ritmo del tuo piede

alla sera del giorno
17.02.2018

Chi può fermare una musica e la sua danza, quando il loro ritmo è entrato nelle vene di chi la ascolta e di chi si muove al suo melodioso incedere? Come rallentare il volteggiare dei corpi e degli spiriti di ciascuno, quando è diventato via via crescente il coinvolgimento delle emozioni e della passionalità di tutti?
Per quanto possa essere stata studiata e canticchiata sottovoce su un pentagramma punteggiato di note bianche e nere, altra cosa è quando la melodia avvincente di una musica passa all’arte esplosiva di uno strumento musicale e, ancor di più, entra nella percezione sensoriale di un ascoltatore estasiato, di un danzatore disponibile a lanciarsi prontamente dentro i saliscendi dei suoi suoni.
Certo, non sempre la musica della nostra vita è composta da melodie allegre e gioiose. Talvolta, sono più le note gravi ad accompagnare un altro incedere, quello dei passi del nostro proseguire il cammino della vita, nonostante tutto, il viaggio dei giorni, dentro panorami attorno striati di grigio e di rosso, il primo a memoria delle difficoltà che abbiamo incontrato, il rosso per non dimenticare mai che anche le esperienze di dolore e di sofferenza colorano la storia di ciascuno di noi.
E tu che fai, Signore, se non ascoltare compiaciuto la nostra melodia e lasciarti a tua volta trasportare dal viaggio delle nostre note esistenziali. Per meglio entrare in sintonia con le segrete vibrazioni di noi, per alcuni istanti, ad occhi chiusi ti tuffi dentro la percezione dei nostri cuori; in altri momenti, resti ad ammirare il nostro volteggiare per aria, sapendo bene che tutto ci è possibile grazie alle ali invisibili di cui ci hai muniti un giorno.
La nostra vita, abitata da te, Signore, respira l’infinito e danza al ritmo del tuo piede, perché tu stai al tempo di ciascuno e non impedisci la musica di nessuno.

venerdì 16 febbraio 2018

L’essenziale è già visibile ai nostri occhi

alla sera del giorno
16.02.2018

Nella luce dell’amore tutte le cose della vita ricevono l’abbraccio di una melodia calda di sentimenti e di emozioni, perché l’amore porta in sé un’energia di bene, una capacità di prendersi cura di se stessi e delle altre persone, arrivando fin nel profondo delle ferite più buie di ciascuno.
Attraversando spazi infiniti di senso e di armonia, non ancorando i propri piedi ai tanti mondi che ci abitano dentro, ecco schiudersi oltre i nostri sguardi orizzonti tutti da abitare nella forza riconciliante con se stessi, con gli altri e con l’universo intero.
È per questo che, cammin facendo, non smettiamo di ripeterci l’un l’altro quanto sia importante abitare nuove terre solo dopo avere accettato di adeguare ad esse l’attuale equipaggiamento. In ogni nuovo viaggio della vita ci sono cose che risultano inutili, obsolete, sicuramente vecchie ed ingombranti. La prima scelta da fare è quella di decidersi, una buona volta, di lasciare alle spalle il vecchio di noi e di incamminarci verso una novità di vita, che sicuramente diventerà il presente e il futuro della nostra gioia.
Quante volte invece, Signore, non tanto per la vergogna di spogliarci, quanto per la paura di prendere freddo nel togliere, nello svestire, i propri stracci, abbiamo rinunciato a vestire un vestito migliore rispetto al nostro, proprio quello che tu avevi sognato, pensato e cucito per noi.
E tu non hai mancato, Signore, di spiegarci allora, così come pazientemente oggi ci ripeti alle porte di questa notte, che rinunciare a vestirci dei tuoi sogni è una scelta pur sempre libera, quanto mai rischiosa: quanto è vero che, spogli di te, dell’abito dei tuoi sogni per noi, alla fine rischiamo di restare per davvero solo con la polvere dei nostri poveri vagheggiamenti.
Non solo cose nuove, non solo un abito più che adatto a un nuovo viaggio, ma tu ci chiedi di avere occhi nuovi, che sappiano riconoscere come l’essenziale nella nostra vita sia già visibile dinanzi a noi. Dopodiché, tutto sarà possibile, tenendo saldamente te per mano.

giovedì 15 febbraio 2018

Tappa i buchi della tua fontana!

alla sera del giorno
15.02.2018

Non è il gioco dei bambini, il piano segreto da mettere in atto, sussurrato con il dito davanti alle labbra, per conquistare e per giocare con la fontana del paese. Certe cose si fanno a una certa età; più avanti nella vita le cose e i giochi cambiano. Anzi, quello che prima era un gioco, adesso diventa un consiglio tutto per se stessi, e di vitale importanza.
Tappare i buchi della fontana ha ora a che fare con la nostra vita, l’unica che abbiamo tra le mani, una vita intera, fontana questa di giorni e di passioni, di desideri e di emozioni, di energie e di occasioni per buttare fuori da se stessi il meglio che da tempo custodiamo nella profondità del nostro esistere. Tappare i buchi, non per una scelta di chiusura e di egoismo, chiudere uno dopo l’altro tutti i rubinetti che abbiamo aperto, per avere invece un getto d’acqua più potente, più alto, più bello, significativo per sé e per chi fin da lontano lo vuole ammirare.
Se per tanti motivi, in tante situazioni di vita, per generosità o per stupida disattenzione abbiamo aperto e lasciato aperto uno, due, tre… infiniti rubinetti di noi… fino a depotenziare la nostre capacità, a un certo punto l’eroismo è quello di non disperdere oltre le nostre risorse vitali; ottimizzare le forze fisiche, intellettuali, affettive, spirituali, le parti più buone, più belle di noi… sì, ciò che è realmente essenziale.
Ecco perché, questa sera, Signore, ti chiediamo di donarci il coraggio e la capacità di non perdere più il nostro tempo in cose che non meritano l’attenzione dell’essenziale. Come hai fatto tu, insegnaci a concentrare il tempo che abbiamo ancora da vivere su ciò che è necessario per non mortificare, non sciupare scioccamente l’energia che preme in noi; per fare in questa vita le scelte giuste e coraggiose; per chiudere le ferite che ci dissanguano il cuore e la mente, perché le nostre anime siano ricche del tuo amore e diano a suo tempo il frutto migliore di noi.
 

mercoledì 14 febbraio 2018

Ma chi salverà San Valentino dall’amore?

alla sera del giorno
14.02.2018

Sì, sì, è la festa degli innamorati, anche se qualcuno potrebbe dire per gli innamorati. Sicuramente è un giorno dentro il quale, dal suo sorgere al suo tramonto, il pensiero va e torna alle tante persone che in un frangente delle loro vita si sono incontrare, appassionate l’una per l’altra, decise a fare qualche primo passo insieme e, perché no, a stare insieme per molto di più.
Se giusta per alcuni, sicuramente la festa di San Valentino non è certo per tutti. Non è più la festa delle/per le persone che sono andate oltre la stagione delle farfalle nello stomaco, un passo oltre i giorni di emozione profonda, un po’ più avanti rispetto ai primi istanti dello stordimento del cuore.
Oltre l’innamoramento c’è qualcosa di più, sia di grande, sia di intenso, sia di vitale importanza, necessariamente di eterno nelle sue possibilità di riuscita e di durata. Oltre la stagione dell’innamoramento si tratta di entrare esistenzialmente dentro un’apertura di orizzonti e di dimensioni di vita, che hanno più a che fare con l’immensità del mistero dell’amore, piuttosto che con gli effetti speciali dei primi momenti di estasiate poesie e di impetuose vibrazioni del cuore.
Se l’innamoramento lo si subisce, come una bellissima fatalità, un sorta di piacevole e di desiderato incidente del cuore e della mente, al contrario l’amore lo si sceglie con passione e con caparbietà. È l’incontrollata e smisurata volontà di vivere fino in fondo, l’amore, – gli antichi latini direbbero “usque ad mortem” (= fino alla morte) –, il dono reciproco di tutto se stessi, dentro un frangente di tempo e di spazio in cui la storia personale di due persone diventa la storia condivisa di una avventura d’amore.
A San Valentino, Signore, spiega tu come stanno le cose. Digli di non offendersi se non tutti oggi lo hanno ricordato e festeggiato appassionatamente come molto tempo fa. Spiegagli bene che alcuni di noi sono passati al giorno dopo, al 15 di febbraio, così come ai tanti giorni a seguire nel calendario delle loro esperienze personali, proprio perché molti tra noi hanno fatto un passo in più, più avanti lungo la via della vita, inoltrati più dentro per i sentieri dell’amore.
Ma sicuramente San Valentino già lo sa come stanno le cose, che un inizio, chiamato innamoramento, può avere un seguito, chiamato amore, e in questo suo conoscere molto bene i segreti dell’amore non si risparmia di benedire i cuori di tutti, così come fai tu con ciascuno di noi, Signore e Padre dell’amore infinito.

martedì 13 febbraio 2018

Se c’è brace, ci sarà fuoco

alla sera del giorno
13.02.2018

Prima che in cenere il tempo riduce molte cose in brace: un lento bruciare di ogni pezzo di legna, senza più la vivacità di una fiamme visibile, ma pur sempre per una forza che prosegue il suo corso, fino alla fine del tutto.
Anche sotto la cenere, ogni cosa continua a bruciare, anche quando la stagione dei germogli, dei fiori e dei frutti non è più la stagione in corso, ma solo il ricordo di tempi ormai lontani.
Similmente, prima che brace ogni persona è stata fuoco, fiamma, forza di calore e di luce, con dentro un ricordo ancora acceso per tutti coloro per cui quella persona ha arso di passione, di affetto, di relazione amicale. Certo, alla fine anche la vita si consuma, soprattutto quando una passione di cuore spinge ciascuno a donarsi e a consumarsi generosamente e totalmente, fino all’ultima energia di se stesso, per il benessere integrale degli altri. Ma tutto questo va secondo la natura delle cose e il senso del nostro essere esseri in relazione con gli altri e con il mondo.
Tuttavia, la gioia di restare pur sempre brace può essere di tutti; una gioia condivisa e condivisibile, anche se per un po’ ricoperta da un sottile strato di cenere. E molte cose di noi stessi restano lì, sotto, nascoste agli sguardi superficiali di chi ci accosta. Tutti restiamo lì, coperti di silenzio e di esperienze andate, lì pronti a riprendere vita e passione per una nuova stagione della vita, tutta da illuminare e da riscaldare.
A differenza degli altri venti, che passano, sbuffano e ci riaccendono ancora per un istante, per poi lasciarci senza un senso di luce e di calore, tu soffi su noi, Signore, a pieni polmoni, per ravvivare il tuo dono in noi. Tu ci riaccendi là dove noi penseremmo di avere già dato tutto, di non possedere più nulla da offrire a te e agli altri, illusi di avere esaurito ogni energia di vita, di amore, di senso del nostro esistere.
E tu ci dici di smettere di covare calore solo dentro noi stessi, ma di riprendere ad ardere ancora, per diffondere luce e calore attorno. Con te, Signore, non possiamo mai smettere di donare anche una sola scintilla della nostra brace, per incendiare il mondo con il vento del tuo amore.

lunedì 12 febbraio 2018

La direttissima e le strade laterali

alla sera del giorno
12.02.2018

A piedi o a motore i metri e i chilometri sono tutti da affrontare avendo ben chiara in mente la meta da raggiungere, il percorso da fare, le eventuali soste da mettere in conto, le necessarie energie per non fermarsi all’improvviso.
Non solo per uno dei tanti viaggi da ricordare poi nel calendario, ma la stessa capacità di discernimento e di programmazione riguarda il viaggio e la storia della propria vita. Avendo qui ben chiara la meta del proprio cammino, il punto di arrivo di una sequela di risposta alla chiamata alla gioia, ora la scelta è quella del percorso da fare; e qui le cose rischiano di complicarsi non poco, perché non tutti optano durante il viaggio per la via migliore, per la via più corta.
Trattandosi di affrontare le difficoltà della salita, cioè raggiungere la cima del monte della propria felicità, ecco in molti la tentazione delle mezze misure, del risparmio della fatica, della voglia di non essere troppo fissati sulla meta, ma più incuriositi del panorama attorno. E la scelta diventa quella delle strade laterali, delle vie pianeggianti, dei dolci saliscendi, dei punti di sosta sparsi qua e là per osservare orizzonti infiniti, ed accontentarsi così di un fuoripista, piuttosto che del tutto di una meta.
Quanta pazienza hai, Signore, quando ti accorgi del nostro perdere tempo; quando vedi che preferiamo strade laterali piuttosto che la salita diretta al molte del tuo amore; quando scopri in noi la paura della generosità, del dono totale e radicale di noi stessi a te, e la sciocca illusione di pensare di trovare appagamento e gioia nella mezza misura delle scelte e dei cammini fatti. Tu ci spieghi che un viaggio fatto a metà è un cammino di vita mai iniziato per davvero; un avere solo perso tempo nel groviglio delle tantissime strade laterali, come sempre distratti da mille cose, dalle proprie paure, non riconoscendoci sul serio attratti da te.
E, pazientemente a sera, quando vedi che finalmente ci siamo accorti di non essere ancora arrivati là dove saremmo dovuti arrivare, a ciascuno dolcemente indichi con il dito e ripeti col sorriso: “Se davvero vuoi venire a casa mia, la strada diretta passa per di qua, è la via del mio amore”.

domenica 11 febbraio 2018

La ragnatela delle parole e il suo ricamo

alla sera del girono
11.02.2018

Ha senso, ha senso, eccome se ha senso pensare alle parole – che non ci risparmiamo di pronunciare in ogni situazione della vita, e che ascoltiamo, disarmati, a tutte le ore del giorno –, come a una ragnatela, che ci avvolge, ci stringe, ci imprigiona e ci stordisce, fino a farci perdere la libertà della ragione.
Ci troviamo braccati dentro un echeggiare di sillabe e di consonanti, di frasi spigolose o sinuose, ammalianti e nemiche, talvolta anche amiche e pronte a metterci in guardia di fronte agli imprevisti pericoli del pensiero e dell’azione nostra o altrui.
Ma spesso le parole sono così tante, così numerose, davvero troppe, in ogni direzione della nostra vita, in continuo stato d’intreccio tra loro, tanto da diventare una rete dentro la quale ci troviamo noi stessi prigionieri. E, sprezzante del pericolo di vedersi alla fine recluso a vita nel non senso delle sue mille parole, c’è chi sceglie di contrattaccare e di abitare comodamente la logorroicità delle sue relazioni interpersonali, trasformando il brutto che lo cinge in qualcosa di unico e di originale. Scatta l’arte del ricamo delle parole, un’avventura tutta da vivere in prima persona, nella meschina illusione che l’incantevole di un ricamo trasformi un ragnatela in qualcosa di bello e di ancora più attraente; ma in realtà, tutto è muro, tutto diventa cella, ogni alito di vita conosce il tempo della sua prigionia.
Liberaci, Signore, dalla ragnatela delle parole; dalla sinuosità di ciò che prima ci ammalia e poi ci stordisce; dalla prigionia della superficialità e del non senso; dai buchi esistenziali che ogni ragnatela produce di suo. Donaci la capacità di fronteggiare tutti i tipi di ragnatela di parole vuote con la coraggiosa scelta di preferire sempre un gusto diverso, rinfrescante, corroborante quanto vissuto sul serio e fino in fondo, la scelta del gusto del silenzio.

sabato 10 febbraio 2018

Per sempre le abitudini ci cambiano dentro

alla sera del giorno
10.02.2018

Con quanta intensità guardiamo allo scorrere in noi della vita, delle sue energie, feconde ed essenziali, così come anche delle sue inevitabili contraddizioni.
Quante volte i nostri occhi sono conquistati alla contemplazione delle magnificenze che impreziosiscono la bellezza della nostra avventura.
Eppure, è proprio il ripresentarsi ad ogni passo, ad ogni respiro, delle nostre battaglie interiori a rischiare di condizionare in noi lo scorrere dei giorni, fino a innescare un lento processo di decomposizione di un’esperienza dopo l’altra. Se non illuminate dall’alto, via via le abitudini ci avvelenano la vita e lentamente ci conducono a una dura perdita del valore della speranza, della consolante fiducia in noi stessi e negli altri, della caparbia voglia di cavalcare i sogni che sono sempre pronti a spiccare il volo dalle finestre dei nostri cuori.
Si è saggi perché di fronte ai tanti dubbi interiori non ci si lascia mai andare, non si vacilla, non ci si perde d’anima e non s’indietreggia. Sì è saggi perché si resta ben saldi nella profonda convinzione delle proprie idee: pur nel bel mezzo di un tunnel buio, non smettiamo di credere che il nostro viaggio conoscerà ancora un bagliore di luce, il calore di un raggio di sole. Infatti, le idee, che combattono le buone battaglie della nostra vita, quando cadono, si rialzano sempre; ma le idee che si arrendono alla tentazione dell’abitudine cadono, purtroppo, per sempre, senza più rialzarsi, lasciando al nostro nemico, al non senso, vittoria certa.
Solo la verità nuda e cruda ci salva, Signore, dalla tentazione di assuefarci alle nostre banalità. Nella tua paternità, tu benedici il ritmo della pioggia delle nostre lacrime, affinché esse spezzino e sbriciolino la durezza delle zolle del nostro egocentrismo.
Tu solo ci dai l’esempio, Signore, di come non sia logico e possibile imitare la gioia, bensì accettare di averla per scelta come amica, ogni giorno come luce, come inseparabile guida nella vita interiore e di relazione affettiva con il mondo.
Una buona ed evangelica abitudine di te, Signore, ci cambia a 360° fin nel profondo di noi stessi e, nella freschezza del suo esistere e del suo quotidiano crescere, ci accompagna verso l’incontro con il tuo amore e la progressiva guarigione dei nostri cuori. Se abitate da te, le abitudini ci fanno bene e ci salvano davvero la vita.

venerdì 9 febbraio 2018

Nell’eco della tua parola c’è un respiro in più

alla sera del giorno
09.02.2018

Nei frangenti di sospensione attorno dell’eco del vociare del mondo è possibile ritrovare in noi istanti di presenza a se stessi, spazi del proprio io interiore, ciò che di noi ci prendiamo cura lungo l’arco del giorno, ciò che a sera di noi, con particolare affetto, stiamo attenti a preservare per quel poco di viaggio che affronteremo ancora, al sorgere di un nuovo sole.
Con naturale trasporto ci ritroviamo a sera dentro infiniti saliscendi di pensieri, di emozioni e di sentimenti. Le dimensioni più lontane delle nostre storie personali cercano ora un punto di ritrovo, un luogo d’incontro e di rasserenata unità. È il tempo degli abbracci, tra ciò che ci ha rallegrato il cuore e quanto, invece, è stato motivo per riversare lacrime di vita dai nostri occhi.
È per recuperare un luogo di riconciliazione con il nostro vissuto, uno scorrere di ore in serenità e in armonia con noi stessi, che ti chiediamo, Signore, di sederti ai bordi della nostra notte e restare a noi vicino. Sotto la coperta dei tuoi occhi riabbracciamo non più le dissonanze del nostro esistere, ma l’ascendere del tutto di noi stessi alle altezze dei tuoi respiri; e nel silenzio della notte l’eco della tua parola ci dona la possibilità di una salvezza, una carezza di misericordia, ancora un respiro, un respiro in più, un respiro di te.