domenica 30 settembre 2018

Davvero come se niente fosse?

alla sera del giorno
30.09.2018

No, non è vero! La vita non ci lascia mai così come ci trova. In bene e in male resta sempre dentro di noi qualcosa da digerire, esperienze positive e negative da cui trarre insegnamenti di vita, appunto, permanenti istruzioni d’uso utili per affrontare ancora un tratto del nostro viaggio esistenziale.
Magari potessimo parcheggiare qua e là i tanti pacchi della vita. Una volta per sempre, trovare il modo per disfarci di tutte quelle cose che ci sono divenute pesanti, ad un tratto ingombranti, ingestibili, graffianti e, più di ogni altra difficile esperienza, sanguinanti dentro. Per quanto facciamo finta di essere più forti della violenza del male; per quanto diciamo a noi stessi che nulla ci può ferire a morte, o bloccare il proseguo caparbio del nostro viaggio di vita; per quanto possiamo andare avanti come se niente fosse, è pur sempre vero però che dobbiamo ammettere a noi stessi che mente, cuore e anima hanno spasmodicamente bisogno di alimentare se stesse a fonti di serenità, di armonia, di equilibrio e, soprattutto, di eternità.
C’è una soglia alla sofferenza, oltrepassata la quale porta, una persona giunge a morire di se stessa. È come se di fronte all’insuperabile della vita non resti altra cosa da fare che sedersi ai piedi di quel muro altissimo di dolore che ritroviamo dentro e fuori i nostri sospiri, e lasciarsi andare alla deriva del non senso, del male, invocando il sopraggiungere veloce della morte. È la scelta rassegnata all’inevitabile, alla rinuncia della fede, all’impossibilità di cercare e di vivere una relazione con l’Oltre a se stessi, cioè con l’infinito di Dio e, in Lui, con l’infinito di ogni persona accanto.
Eppure, è proprio Lui ad aggiungere ventagli di possibilità senza numero ai limiti che noi stessi ci imponiamo per la finitudine delle nostre capacità personali. È come se alla terra, alla strada, ai paesaggi in cui ci muoviamo ogni giorno, Dio stesso aggiungesse – e lo fa per davvero – spazi di cielo, squarci di luce e d’infinita vastità, dimensioni calde di relazioni armoniche tra noi uomini, tra gli angeli e tra tutti con Dio stesso.
È uno specchio di cielo nel cuore, o Signore, che ti chiediamo in dono; proprio come se niente fosse, proprio come se abbiamo modo di mettere mano a colori nuovi, per tinteggiare il diverso, il positivo, il tuo sogno in noi.
Insegnaci Tu a come cercare di difendere ad oltranza, Signore, fino all’ultimo respiro, fino alla morte quel frammento di eternità che ci è ritmo nel cuore, guizzo nella mente, scintilla nell’anima.
Insegnaci a lasciarci prendere per mano da tutti coloro che dell’eternità hanno fatto lo sfondo del loro cammino di vita qui in terra e di ascesa in cielo alla tua realtà, o Signore, perché il ricordo, l’emozione e la nostalgia dell’eternità Tu le hai poste già in ciascuno di noi. Il tuo essere con noi, dentro di noi, Signore, ci rende capaci di tutto l’infinito che Tu ci doni, perché già portiamo Te dentro di noi.

sabato 29 settembre 2018

Più che semplici pause, pause creative!

alla sera del giorno
29.09.2018

Sentirsi depressi per una depressione è una cosa, avere modo di cercare e di trovare dentro la parentesi di una depressione la possibilità di ritemprare le proprie forze è tutt’altra avventura.
Anche se la maggioranza delle persone non racconta più di tanto di se stessa, dei suoi vissuti interiori, delle sofferenze annaffiate da abbondanti lacrime, anche se magari recita che la navigazione gli stia pure andando a gonfie vele, il vero dolore tende sempre ad nascondersi agli occhi altrui, a fuggire dal centro dell’attenzione, a cercare angoli in ombra nelle piazze dell’umanità, a mascherarsi insomma dietro una storia recitata ad arte, ma che nella realtà però è completamente diversa da come sembra essere.
Tuttavia, le apparenze di finzione e di realtà cambiano sul serio quando le persone entrano nella verità delle loro relazioni, quando cioè si riconoscono gli uni gli altri soltanto dopo essersi reciprocamene ascoltati, guardati negli occhi.
È innegabile, più una persona partecipa allo srotolarsi del racconto della storia personale di un altro, più quella persona si avvicina a chi sta soffrendo con il suo stesso dolore.
La vita è difficile, certo, ma non è grave, impossibile, fino a ridurre a semplici cose i pensieri, le emozioni, i sospiri e i sentimenti, infiniti frammenti questi pronti a raccontare al mondo il tutto di noi stessi. È altrettanto innegabile quanto una lacrima porti in sé una tale capacità fecondativa che, per davvero, ne basta anche una sola per dare inizio in ciascuno a un nuovo processo di crescita e di maturazione personale. Lo dimostrano le storie di trasformazione di moltissime persone che, quasi improvvisamente, giunte al colmo del loro dolore, di punto in bianco si sono lanciate in un’ultima impresa di riscossa, di orgoglio, di difesa, fino a raggiungere il traguardo della loro sopravvivenza.
Non è forse qui l’inizio dell’umanamente impossibile? Non è forse questo il principio di tutto ciò che è ancora via via più indicibile, perché avvolto dal mistero imperscrutabile della vita di tutti?
Quanto avvertiamo che il nostro cuore è paragonabile, Signore, a un gomitolo aggrovigliato di vita. Quanto in noi si alternano contrastanti moti di cuore e d’anima ogniqualvolta sentiamo via via più difficile il respiro dei nostri pensieri.
Eppure, più che semplici pause di vita, più che momenti di smarrimento e di confuso incedere su per il sentiero del nostro viaggio, sono le soste che Tu benedici, Signore, a diventare nel profondo di noi stessi pause creative di rigenerazione, di rilancio in avanti dell’ancora della speranza, di resurrezione da ogni depressione esistenziale.
Conta Tu, o Signore, le nostre lacrime e a ciascuna di esse affida Tu un tuo sogno e un tuo sospiro di vita, di appassionata fecondità, affinché nulla di ciò che passa tra le tue mani resti senza la gioia del tuo vitale respiro.

venerdì 28 settembre 2018

Ci ritroviamo al viale delle stelle?

alla sera del giorno
28.09.2018

Non si sa con precisione se le stelle abbiano memoria di noi, ma sicuramente noi ne abbiamo di loro. Fosse anche per una sola volta nella vita, chi non ha mai alzato i suoi occhi al cielo per contemplare la volta stellata?
Ci viene spontaneo cercare tra le stelle, o anche dentro l’anima stessa delle stelle, una risposta sperata da tempo, avere dagli astri una soffiata di fortuna, la conferma che la direzione del viaggio, che con fiducia stiamo affrontando, sia davvero quella giusta.
Ma più che alla terra, è alle stelle che affidiamo i nostri desideri, il compito non facile di realizzare il ventaglio dei nostri sogni più segreti, con pazienza, stella dopo stella, un sogno dopo l’altro. A volte anche il calore delle nostre lacrime evapora alla prima stella libera, quando sentiamo che è solo nell’infinito che ci sovrasta la possibilità di respirare ancora a pieni polmoni.
È quando ci capita di smarrire il sentiero, o di ritrovarci in mare aperto senza più orientamento umano; è quando alla fine non sappiamo da chi sperare l’illuminazione della vita, è allora che vorremmo allungare le nostre mani al cielo, e tentare di rapire la prima stella, la prima che passa, la più distratta, quella rimasta senza difesa, l’ultima disposta a diventare stella di fortuna.
Ma le stelle fatte dagli uomini sono altra cosa; sono solo di pezza gialla, ritagliate fittissime, una accanto all’altra, con le punte che si toccano, ma senza mai diventare amiche. Stelle, queste, straniere, nemiche, una sospettosa dell’altra, perché tutte destinate a tradirsi reciprocamente, pur di sopravvivere all’inevitabile.
Triste storia quella delle stelle di famiglia, una per ciascuno dei componenti dello medesimo focolare, documenti a conferma dell’obbligo di partecipare al destino forzato dell’oblio, ago e filo per cucire su tutti i petti il medesimo biglietto da viaggio.
Se non con Te, Signore, è per noi impossibile farci in casa tutte le stelle che vogliamo. Rispetto alle nostre, preferiamo le tue stelle, segni di luce e di vita, i tuoi in noi, e non di tenebra e di morte, i nostri davanti a Te.
Tutto è già dentro di noi, Signore, il bene e il male, la luce e le tenebre, il respiro nostro e quello ancora più largo dell’umanità che ci cammina accanto. Dentro i nostri occhi entrano i riflessi di luce che solo Tu fai rimbalzare tra noi, come eco della tua amorevole presenza nel cielo che tutti avvolge e che ciascuno protegge.
Solo Tu, Signore, puoi dare il nome alle stelle, a quelle nostre amiche, a quelle che generosamente brillano per noi, anche oltre la loro stessa vita, per orientare e per accompagnare generosamente il coraggio dei nostri passi lungo il viale dell’Infinito.
È da Te, Signore, che speriamo di avere in dono la stella luminosa del tuo amore, affinché sul petto nudo della nostra storia personale ogni giorno rechiamo orgogliosi nel mondo il segno della celebrazione delle tue e delle nostre vittorie finali.

giovedì 27 settembre 2018

Ritrovare Te nell’ora che il sole declina

alla sera del giorno
27.09.2018

Avere mille anime dentro non vuol dire avere mille facce fuori, mille alternabili modi per entrare in relazione con gli altri, in contatto con il mondo attorno. Di facce ne bastano poche per recitare parti diverse nella vita, ma di anime ne abbiamo bisogno mille e mille altre ancora, perché in ogni anima vi è un sorso, un respiro di eternità in più.
Nel baratro del cuore, oltre che a perdere il sentiero del senso della nostra avventura personale, possiamo giungere a smarrire totalmente noi stessi, il passato che già abbiamo solcato, il presente che ora ci vede sudati sotto il peso delle nostre fatiche quotidiane, e rimetterci anche il futuro, cioè tutto quello che domani avrebbe potuto essere di noi.
È vero, nel baratro possiamo giungere a vedere lo sgretolamento dell’intera nostra vita, ma anche ritrovare il coraggio di un’estrema riscossa, quella di risalire le pareti dei nostri abbattimenti, delle nostre scivolose delusioni, del nostro lasciarci andare all’abbraccio sinistro delle tenebre del mondo.
Nonostante le infinite difficoltà, c’è pur sempre in noi uno spazio, intimo a noi stessi, dentro il quale, ogni volta che lo vogliamo, abbiamo modo di ritrovare il senso del nostro esistere, un luogo dove prenderci cura delle mille ferite del viaggio, dove riuscire a consegnare alla memoria del cuore le persone che ci hanno donato un pezzo del loro stesso cuore. Sì, nonostante tutto, è solo dentro noi stessi che c’è ancora quell’angolo di vita dove possiamo sostare ed essere nella gioia, pur con le lacrime agli occhi, uno spazio dove fare musica e volerci bene ancora, insieme ancora per altri cento passi.
E come ci emoziona il cuore, o Signore, vedere Te, nell’ora che il sole declina sulla nostra vita, quando il crepuscolo incede con le sue ombre sulla storia che abbiamo cercato di portare avanti così, come siamo stati capaci; vedere Te che come una madre si china a sera su ciascuno dei suoi figli.
Sei Tu, Signore, il solo che ha il coraggio di rintracciare il nudo e il piccolo essere umano che in noi ancora anela a Te. Tu ti getti nel bel mezzo delle macerie dei nostri vissuti, tra le rovine delle nostre azioni insensate; vai ben oltre i nostri errori e non ti spaventano i graffi del male ora visibili sui nostri volti.
Tu cerchi in noi, Signore, i respiri ancora caldi delle nostre anime, te ne prendi cura, li riabbracci perché finalmente ritrovati, perché di Te in noi è tutto ciò che resta, l’ultimo sorriso, il più bello.

mercoledì 26 settembre 2018

E Tu ci passeggi dentro l’anima

alla sera del giorno
26.09.2018

Addolorate al pensiero sono quelle persone che scoprono dipendere l’armonia e la serenità del proprio esistere da tutto ciò che vedono attraversare la loro vita. Certo, ci sono esperienze negative e dolorose che nessuno va a cercare, che nessuno vorrebbe mai incontrare o averne a che fare per lungo tempo. In certi momenti, in alcuni giorni sembra inevitabile, quasi realmente impossibile, schivare i dardi infuocati delle più diverse difficoltà.
Il transitare in noi stessi di tutto ciò che è umano vivere difficilmente è controllabile sia in entrata sia in uscita. Molti frammenti del vissuto nostro ed altrui vagano di persona in persona, di relazione in relazione, di storia in storia, senza rendere ragione a nessuno della qualità e della necessità di essi stessi.
Sentire che i legami tra persone non sono solo questione di testa, e neppure di solo cuore, ma anzitutto di relazione e, poi, di passione, di oblatività, di mutuo sostegno, di contatto fraterno con il vissuto dell’altra persona, questo è tutto ciò di cui abbiamo bisogno per essere certi che là dove esiste un essere umano degno di essere chiamato così, proprio lì è possibile credere negli uomini e nell’umanità.
Possedere una salda vita interiore ci rende immuni da qualsiasi imprevisto della vita; ci aiuta a smettere di impostare a pelle la nostra storia personale, cioè sempre dipendendo dalle emozioni passate, presenti e future. Avere una salda vita interiore ci permette di restare sempre noi stessi, benché dentro o fuori i mille luoghi di costrizione mentale, affettiva e relazione. E quanto è vero che per una persona la sua libertà nasce, cresce e vive dentro se stessa, anche se le sue mani e i suoi piedi sono incatenate ai ceppi del male.
Guardando le cose come le guardi Tu, Signore, avendo entrambi la stessa prospettiva di osservazione e di contemplazione, non è poi difficile scoprire come il mondo rotoli melodiosamente sul palmo delle tue mani. Non è un giocare a palla, Signore, Tu non ti permetteresti mai, neppure vorresti che altri si prendessero gioco della delicata preziosità della tua creazione. La tua mano è sostegno, è luogo di appoggio, Signore, è spazio di vita entro il quale ogni essere da Te pensato e creato vive il suo movimento nel tempo e nello spazio che Tu hai voluto uguali per tutti.
Di fronte alla meraviglia di ciò che ci avvolge, alla stupenda realtà creata che tutti ci contiene, toglici Tu, o Signore, i pensieri negativi, tutto ciò che pesa sul nostro cuore e che impedisce alle nostre menti di vedere dinanzi a noi lo srotolarsi del sentiero della tua volontà d’amore in tutto ciò che esiste. E nel frattempo, Signore, non smettere ogni giorno di passeggiarci dentro l’anima.

martedì 25 settembre 2018

Paesaggi che ci hanno toccato l’anima

alla sera del giorno
25.09.2018

Sospesi a metà, tra pensieri e sospiri, tra battiti di cuore e carezze di mano. Sospesi lo siamo per tanti motivi, molti per nostra scelta, altre volte per nostra reazione all’accadere delle cose, a quello che gli altri ci lanciano contro, a ciò che della vita nostra e altrui inevitabilmente ci cade addosso.
Sospesi lo siamo anche perché la nostra storia personale è strapiena di imprevisti, di situazioni che non arrivano mai al loro concludersi e che restano ai bordi dei nostri sentieri come opere d’arte incomplete. È un po’ come per la melodia virtuosa di un prezioso spartito musicale, che si attarda a raggiungere il suo accordo finale e, nel frammento di un istante di silenzio, accentua la vibrazione del nostro ascolto, lo stupore per una processione di note che non giungono ancora al loro requiem.
Sospensione e sospiri vanno di pari passo, lungo l’incedere del nostro esistere, compagnie accanto, lungo il nostro stesso transitare da una coordinata all’altra del mondo, dentro il vissuto di una città di relazioni. A volte ci troviamo a confrontarci con tutto ciò che a nord di noi stessi ci attende e ad esso ci attrae, altre volte è il sud della vita ad attirare la nostra attenzione, a rubare orientamenti precedenti, oscillazioni di pensieri e di emozioni, progressi e sospensioni di sentimenti, via via, responsabilmente lontani. E non mancano i nostri smarrimenti tra est ed ovest, confusioni di percorso e di scelte di vita, fatte o ancora da fare, pur sentendo palpitare nel nostro cuore e alle tempie della nostra mente e il desiderio di possedere per davvero i paesaggi che ci hanno toccato l’anima.
E se da una parte la costipazione dell’anima nostra ci spinge ad inoltrarci per sentieri di smarrimento, lugubre esperienza di stimolo, che tutti ci accomuna nella distruzione in noi di ogni nostra bellezza, viceversa proprio il respiro di un’anima consegnataci in prestito ci fa alzare lo sguardo ancora per un istante, in cerca di quel lieve, quasi impercettibile raggio di luce, unico segno di orientamento verso l’Oltre di noi stessi.
Noi vogliamo, Signore, esternarci in Te.
Sogniamo che Tu ci dica che siamo proprio noi l’oggetto dei tuoi desideri infiniti, della tua voglia appassionata di cercare, di incontrare, di ascoltare, di dialogare, di abbracciare, di perdonare e di amare qualcuno, cioè noi; e sentiamo che è per noi importante essere gli altri rispetto a Te; Tu e noi, noi e Te, in un serrato ripeterci gli uni agli altri che in gioco c’è la vita, il valore ci ciascuno, il giuramento di un amore infinito ed eterno, il dono di se stessi fino all’ultimo respiro. Tu lo hai già fatto un giorno per noi e noi ora lo stiamo facendo per Te, in Te.
Sogniamo, Signore, di sentire dalla tua voce che Tu ci ripeta parole di cuore, che i tuoi occhi riflettano sui nostri volti lo scintillio del tuo orgoglioso stupore per noi, e tutto il resto non avrà senso, non esisterà, fino a quando non inizieremo noi a trasmettere a Te solo tutto il calore, l’amore, la capacità, la creatività del nostro fuggevole esistere.
Ed ogni nostro sogno avrà un luogo dove nascere e crescere, dove realizzarsi e maturarsi, e per noi questo è possibile, Signore, solo dentro l’unico paesaggio che ci ha toccato l’anima, il tuo amore.

lunedì 24 settembre 2018

Nel guscio di una biblioteca

alla sera del giorno
24.09.2018

È il viaggio più entusiasmante che si possa fare, quello di passare attraverso gli angusti corridori di una biblioteca, là dove a fare da argine al proprio incedere si ritrovano lungo ambo i lati scaffalature piene di libri, antichi e nuovi.
Non si tratta tanto di uno spostarsi da un capo all’altro di un locale, ma di una vera e propria navigazione a sapere aperto, dentro un mare fatto di parole ordinate e confuse allo stesso tempo, di frasi e di punteggiature indispensabili per raccontare non più un mare bensì un oceano di pensieri, di desideri, di sogni e di avventure dalle mille colorazioni e dalle mille emozioni.
Mai come dentro una biblioteca è facile avvertire nella propria mente la pericolosa sensazione di provvisorietà e di insicurezza del proprio sapere, il basso livello delle proprie conoscenze. Dentro il guscio di una biblioteca, in esso più che altrove, solo alle persone intelligenti e sensibili è dato di scoprire la misura tridimensionale del proprio sapere: cose che si sanno in lungo e in largo, in altezza e in profondità, in spirito e in verità. Ma ogni constatazione altro non può fare che misurare le minime, minuscole, frammentarie e decisamente parziali e soggettive conoscenze personali di se stessi, del vissuto dell’umanità intera e dell’universo intorno.
Più di ogni altra curiosità, però, in una biblioteca si può fare prova di ascolto creativo, cioè, si può tentare di tendere l’orecchio per scandagliare e per andare oltre le parole scritte, per udire storie raccontate solo in parte e non svelate per intero. È la stupenda esperienza dell’ascolto oltre il sacro silenzio dei libri, oltre il sacro rito della celebrazione dell’arte della parola e della comunicazione umana. È l’ascolto, che solo a pochi è concesso, degli strepiti della battaglia della vita, quando vicendevolmente in faccia le persone gettano agli altri frammenti di sé; che si tratti di un altro autore, che si tratti di un ignoto lettore, che si tratti del custode delle parole, al quale compito è affidato quello di quietare le tempeste di ciascuno, per riportare tutti alla serenità di un mare infinito di conoscenze in relazione armonica con altri saperi.
Sono i frammenti degli altri che ci fanno paura, Signore, quando violentemente cozzano contro l’apparente protezione di noi stessi; i frammenti di tante persone che hanno visto andare in mille pezzi le storie personali dei loro cuori, dei loro pensieri, del loro intreccio un tempo vitale di relazioni umane.
Solo Tu con paziente maestria rintracci e ricomponi i frammenti di ciascuno. Solo Tu sai trovare il modo, Signore, perché ne conosci l’arte, di far emergere in ciascuno il senso di riconciliazione e di armonia, di serenità e di pace, affinché le parole non siano usate come armi bensì come strumenti di incontro e di unione profonda.
Benedici Tu, Signore, le biblioteche dei nostri vissuti personali, per che in esse le parole non trovino un cimitero dentro il quale dileguarsi via via nel tempo, ma lo stimolo a indicare a tutti vie di reciproca risurrezione, riflessi di Te sul senso vero delle nostre emozioni, delle nostre riflessioni, la risposta a lungo cercata per la soluzione dei nostri dubbi esistenziali. E nel guscio del sapere, illuminato da Te, saremo i più felici del mondo.

domenica 23 settembre 2018

Dio si ferma qui

alla sera del giorno
23.09.2018

Leggere una frase del genere desta sicuramente curiosità. Trovare invece sulla propria strada un cartello con riportato un tale avvertimento non ci lascia certo tranquilli, anzi. Se non siamo diventati proprio insensibili a tutto, se non abbiamo cancellato Dio dal nostro orizzonte, il solo pensiero che Lui si fermi non può che destare preoccupazione; un bel guaio, che ci spinge a cercarne il perché e una rapida soluzione.
E se invece di una bizzarra ipotesi, Dio si fermasse per davvero? Se a un certo punto del viaggio della nostra vita egli ci facesse capire chiaramente che non ha più alcuna intenzione di proseguire oltre, di fare un altro passo, di infilarsi per un sentiero che non rientra nei suoi progetti di viaggio?
Più che un insieme di domande, talvolta abbiamo proprio la certezza che Dio si sia fermato per davvero, che abbia deciso, a nostro modo di vedere di punto in bianco, di non camminare più con noi, al nostro fianco, dentro le mille situazioni delle nostre storie personali. Il suo arresto, il suo stallo, il passo fermo e non più impolverato per noi e con noi, è per noi un incidente devastante, motivo di sconcerto, di perdita di fiducia, l’inizio dell’assedio della banda dei dubbi, delle incertezze e dei tentennamenti impazziti. Senza la vicinanza di Dio la speranza cede il passo alla superstizione; iniziamo goffamente ad arrancare su per le pareti delle difficili esperienze di risalita dai nostri problemi. E l’ansia e l’angoscia giocano ruoli alterni in un vissuto interiore di smarrimento e di perdita della luce della fede.
Certo, non è un’ipotesi, bensì una verità: Dio si ferma ai tanti bivi della nostra vita, delle nostre scelte di pensiero e di affetto; si ferma e prende le distanze da storie e da relazioni compromesse con il Male, con il non senso, con tutto ciò che alla fine non è né amore né vita, ma via di morte. E a nulla servono o sono vincenti le nostre moine, le nostre preghiere, le parole in formato ricatto, quando in cambio di qualcosa paventiamo un impegno in qualcosa d’altro. Dio è troppo scaltro per lasciarsi convincere a muovere un passo per vie che non sono le sue vie, dentro esperienze di disumanità e di peccato, che mai ha pensato di fare proprie e di sposare.
Il bivio c’è, per Lui e per noi, tra un’avventura per la vita eterna e un’altra ripiegata su se stessa, perché contenta di giocarsi dentro un guazzabuglio di mondanità. Il bivio c’è ed è ciò che salva Dio dalla scaltrezza del Male ed è ciò che salva noi stessi dal pericolo di non ravvederci in tempo delle scelte fatte, delle amicizie intrecciate, dei cuori e delle menti impastati di mondo, e di altro ancora.
Non c’è niente da fare, Dio si ferma ai tanti “qui” della nostra vita, per fortuna nostra si ferma e ci richiama alla qualità del nostro rapporto con Lui. Ma di fronte alla nostra libertà, Dio non può nulla contro la nostra cocciuta volontà di proseguire anche da soli il cammino. Egli comunque si ferma e ci lascia andare per la nostra strada.
Eppure tutti abbiamo voglia di restare vivi, di non cedere agli assalti del Male. Abbiamo voglia, Signore, di vivere fino in fondo i nostri ideali di bene, senza mai abbatterci, affrettando il nostro passo dietro a Te. Pur vacillando, pur cadendo, abbiamo in cuore l’ardore di seguire Te, muovendo piedi vecchi su sentieri nuovi, iniziando a guardare ogni cosa con occhi nuovi.
Infatti, Signore, non è mai troppo tardi per ricominciare daccapo, per sentire che a ogni istante la magia dell’esistere c’è ed è in noi, perché in noi ci sei Tu.
E nonostante i nostri errori, Tu ci insegni a ricordare come si fa a sognare, come proseguire il viaggio nella terra dei tuoi sogni; ma fino a quando non ci uniremo un giorno a Te nella luce, insegnaci a compiere oggi le meraviglie del tuo amore. 

sabato 22 settembre 2018

C’è un momento incantato in fondo al cuore

alla sera del giorno
22.09.2018

Magari ce lo avessero insegnato un tempo, fin dai primi giorni, magari oggi ce lo ricordassimo ad ogni passo, che ci sono, cioè, cose nella vita che non si possono vedere solo con gli occhi, ma piuttosto osservare con il cuore.
Sembra una frase fatta, uno di quei modi di dire e di scrivere che vanno a braccetto con l’ultima rima poetica. Eppure, sono proprio gli occhi del cuore a restituirci lo spirito della giovinezza. Per quanto a tratti ci ricordiamo il momento delle cose che furono e i sogni di un tempo, sono gli occhi del cuore a farci vivere in modo travolgente l’emozione di un sentiero che s’inoltra ancora nell’avventura chiamata vita.
È verso un destino migliore che puntiamo notte e giorno, con l’unico cuore che abbiamo dentro, mai stanco né vecchio di emozioni e di desideri, di propositi e di vibrazioni, per incontrare quei momenti magici in cui le decisioni prese diventano il modo perfetto per imparare a definire noi stessi. E così impariamo anche a dare vita, respiro e significato ai nostri sogni, azzardando volta dopo volta di diventare per davvero ciò che vogliamo essere.
Anche se alla fine alcune cose di noi e delle nostre storie personali resteranno sempre più gagliarde del tempo e della lontananza che avremo vissuto, più profonde delle parole e delle mode con cui ci siamo rivestiti, è dal cuore che sgorgherà il coraggio di seguire i propri sogni e continuare a essere noi stessi, condividendo, con chi vorrà camminarci accanto, la magia di questa scoperta.
Quanti di noi sono diventati più che esperti a stringere i denti di giorno e a piangere nel cuscino di notte, prima che qualcuno inizi ad avere fretta di lasciare i suoi compagni di viaggio, sordo alle fraterne richieste di restare ancora un poco con loro.
A tutti ci è stato insegnato ad essere forti, duellando senza fine contro parole, esperienze, avventure e immancabili ricadute. A tutti è stata ribadita l’importanza di non lasciare trasparire da sé alcuna debolezza, nessun tentennamento, perché è comune pensiero che il successo nella vita sia riservato solo a quanti sono tutt’altro che pavidi e cagasotto. Al contrario, però, al sopraggiungere della sera quante volte abbiamo scoperto che essere forte è stata piuttosto la debolezza dei pensieri, degli affetti e delle nostre relazioni.
Il dolore non dovrebbe allora essere evitato, perché le lacrime devono cadere, è un loro diritto, un dono di fecondità, dentro i solchi delle nostre ferite interiori.
Lo abbiamo imparato da Te, Signore, a soffrire con dignità, con grande senso di abbandono e di fiducia nella tua prossimità. Sostienici Tu nei passaggi delicati della nostra vita, quando il dolore e la sofferenza chiedono al cuore una dose in più di coraggio, ai pensieri un atto più alto di fede, ai nostri abbracci la forza di un legame di amore intenso e fraterno.
Per liberare i nostri occhi a nuovi sguardi, per schiudere i nostri pensieri a nuovi orizzonti, perché la vita che sta un poco oltre ogni dolore sia alla fine quella della gioia e della piena armonia con tutti, stendi su ciascuno di noi la tua mano, o Signore, perché tutti possiamo avere in dono la coperta del tuo cuore.

venerdì 21 settembre 2018

E ci sei Tu oltre la fatica dei sogni

alla sera del giorno
21.09.2018

Quando nella vita è in gioco qualcosa di delicato, qualcosa di unico che ha a che fare con la pelle della nostra anima, non sono poche le volte che udiamo in noi l’eco di una voce che a più riprese ritorna per avvertirci di fare particolarmente attenzione a dove stiamo per mettere i piedi.
A fronte di chi pensa che sia sciocco lasciarsi sfuggire le occasioni della vita, tutto ciò che spesso arriva una sola volta sulla propria strada, c’è addirittura chi, per partito preso, inizia a dire che non è un’insensata precauzione diffidare di qualsiasi tipo di creatura chiamata uomo. È una sorta di legittima difesa da tutto e da tutti, un altrettanto legittimo intento di non cedere alle tentazioni del momento per non imbattersi in un altro pericolo.
In verità, la grande sfida nella vita non consiste nell’evitare scaltramente uno dopo l’altro i diversi ostacoli, una sorta di slalom estremo fino al raggiungimento del traguardo finale. Semmai, la vera sfida nella vita, quella che passo dopo passo misura e la forza e la tenacia e la caparbietà e la fiducia degli eroi, è quella di affrontare e di superare i propri limiti personali, credendo con tutto se stessi nella positività di qualsiasi esperienza incrociata anche per caso, purché ogni movimento di sé sia orientato al miglioramento della propria persona.
Spingendoci verso luoghi in cui mai avremmo immaginato di dover arrivare, la vita ci educa parimenti alla concretezza dei nostri sogni e delle nostre speranze. A tutto ciò che vorremmo fosse nostro nel bene e nella gioia del nostro viaggio, è sempre la vita a mettere accanto quello che non potrebbe mancare né a noi né a nessun’altro, poiché è avventura di tutti fare i conti con i propri dubbi, con le ansie, con lo smarrimento, con la sfiducia, con lo scoraggiamento e con le immancabili ferite nel cuore, nella mente e sulla pelle.
Quando stiamo per rinunciare alla bellezza del nostro viaggio, quando sentiamo che la vita è stata troppo dura con noi, aiutaci Tu, Signore, a ricordarci ancora una volta chi siamo per Te. Sostienici ad ogni nostro passo, perché non arriviamo al punto di smarrire la memoria del tuo sogno in noi e del nostro sogno in Te; e perché ci sia dato di continuare a sentirci totalmente immersi in un’avventura di compagnia umana e spirituale.
Anche se via via siamo sempre più consapevoli che i nostri sogni sono fatti di tanta fatica, restaci accanto lungo il sentiero di questa nostra storia personale. Tienici Tu per mano, Signore, sia di giorno, lungo il percorso della strada davanti a noi, sia nelle ore della notte, quelle del tempo e quelle a tratti buie della nostra stessa vita.

giovedì 20 settembre 2018

In corsa dentro la propria onda

alla sera del giorno
20.09.2018

Tutto ha inizio lì, in una goccia, con il suo lascarsi scivolare giù lungo un filo d’erba dentro un apparente insignificante rivolo d’acqua. In cose di poco conto, come la consistenza e la forza di una goccia d’acqua, spesso si ritrovano l’inizio di una grande storia e le radici di una vita che si è rivelata più avanti nel tempo come un’avventura nata sotto la benedizione di una stella.
E a una ne segue un’altra di goccia d’acqua, una dopo l’altra, una insieme all’altra, in uno scendere di tutte sempre più a valle, dentro l’avventura di un viaggio condiviso di suoni, di luci, di salti allegri tra i sassi, di slarghi sereni là nei punti pianeggianti del fiume.
Non vi è più ritorno per tutto quello che, a tratti lentamente, altre volte velocemente, va verso la meta del suo scorrere. Il buon senso e l’infinita bellezza accompagnano discretamente il viaggio di ciascuno, perché nessuno alla fine scopra di essere stato privato della sua possibilità di dare sapore e colore al suo esistere, senso e calore al suo percorso di vita.
Dare il meglio di noi stessi sulle onde del mare, non solo sapendo solcare la sorpresa dei marosi più minacciosi, ma imparando a cavalcare i cavalloni più alti, non può essere unicamente un’arte di mare, semmai l’arte della nostra vita, là dove apprendiamo come destreggiare le nostre capacità di sopravvivenza, per tenere a bada gli assalti dell’ansia e della paura, e per vincere tutto quello che, lancia in resta, è contro di noi.
Nel nostro scorrere Tu ci guardi, o Signore, osservi quel che resta di ciascuno di noi. Incuriosito, consideri che cosa siamo riusciti a portare con noi, che cosa desideriamo affidare alle braccia di una notte diversa dalle altre, una notte, ora, tutta nuova perché in un altro angolo del mondo.
Eppure Tu non ti prendi cura se non di noi stessi, Signore, del nostro cuore, della nostra mente, delle dimensioni del nostro essere e del nostro restare ancora vivi, oltre le più devastanti tempeste della vita.
Insegnaci Tu come davvero l’amore sia anche un imparare a rinunciare, più che alle cose, agli altri, alle persone di sempre, perché nella vita c’è anche il tempo di sapere dire addio. Con la forza del tuo amore, non permettere che i nostri sentimenti ostacolino tutto ciò che di bello sarà la cosa migliore per coloro che abbiamo amato da sempre e che, alle porte di questa notte, stiamo amando ancora adesso.
Benedici Tu, Signore, il coraggio della libertà, affinché ciascuno possa finalmente tuffarsi dentro la sua onda e, infine, nell’onda più grande del tuo amore.

mercoledì 19 settembre 2018

Ovviamente, se si ha fede

alla sera del giorno
19.09.2018

Ripensare da dietro le finestre della propria anima il viaggio dei pensieri, l’intreccio variopinto delle proprie emozioni, seguendo fino a perdita d’occhio il vapore dei propri respiri ci fa toccare con mano quanto sia difficile conoscere i confini certi della propria esistenza. Soprattutto, diventa quasi impossibile credere che il tutto di noi stessi sia misurabile a metro, pesabile a chilo, definibile a volume.
C’è molto di più da considerare rispetto alla parabola della nostra vita. Vi è in tutti un mondo impastato e plasmato di affetti, di sogni, di desideri, di convinzioni profonde, squarci d’infinito in cui lanciarsi... Vi è in ciascuno anche un mondo più tenebroso in cui non mancano di certo i graffi della vita, diversi in quantità, originali per grandezza e forma, graffi che raccontano a vista il passaggio di tutto ciò che è stato altro rispetto al bene vitale che abbiamo desiderato raccogliere, noi solcati in profondità, noi falciati alla radice dal veemente passaggio del Male.
Ripensare se stessi ci aiuta a rimettere ordine nella nostra vita; ci insegna come collocare al loro posto giusto le tante tessere confuse del nostro puzzle esistenziale. Non è solo esercizio di memoria, né l’ultimo tentativo per raggiungere una riconciliazione con la propria coscienza; ripensare il tutto di se stessi diventa anche un qualcosa di molto più risanante, un esercizio terapeutico dentro il proprio mondo interiore e in quello ancora più difficile della relazione con gli altri, l’avvio di un processo di graduale guarigione di cui ciascuno ha più che mai bisogno.
Con amorevole pazienza verso se stessi e verso gli altri, è coraggioso guardare ancora una volta alla propria storia personale ritrovando in essa la bellezza di quei talenti e di quei carismi esistenziali che meglio tra tutti possono ridefinire il senso della nostra vita.
Per potere rimettere mano ai mille frammenti di noi, per poter lavorare sulla nostra esistenza, risanare le nostre ferite narcisistiche e ritrovare l’emozione di un nuovo respiro abbiamo bisogno di Te, Signore. Ristabilire le radici della nostra vita, per ridare un senso d’infinito a ogni scorcio finito di noi, la giusta direzione a quel percorso di crescita e di maturazione che, per ogni dimensione del nostro esistere, è possibile conquistare solo alla luce del tuo amore.
Tu ci spingi a prenderci cura delle radici del mistero che è presente e nascosto nelle profondità dei nostri vissuti. Ci inviti a riaprire anche per un secondo i nostri occhi e focalizzare nuovamente la meta del nostro viaggio, per crescere lungo la via di quella che fede interiore che ci dice che con Te acconto, Signore, ci è data la certezza di una forza nuova, pur dentro le debolezze di sempre, fino al giorno in cui giungeremo rappacificati con gli occhi di tutti al focolare della tua misericordia.

martedì 18 settembre 2018

Nulla più di questo

alla sera del giorno
18.09.2018

Quando mai le nostre scelte sono semplici? Quando i nostri occhi sono adatti a ciò che di magnifico si pone loro innanzi? Quando le mani sono libere e pronte al numero di carezze da donare senza misura? Quando mai i piedi, i nostri piedi, si muovono paralleli a quelli degli altri, per condividere con loro sentieri inesauribili di fraternità?
La vita ci dà molte cose da mangiare e da bere, per la mente e per il cuore; ci offre ogni tipo di possibilità per stare bene e in armonia con se stessi e con l’universo intero; ma soprattutto la vita ci dà la speranza, quella che non finisce perché caparbia, perché pronta a rianimarsi ad ogni nostro respiro.
Ci aiuta la vita a sentire scorrere in noi un’altra vita, quella ben più grande delle stelle in cielo, delle onde in mare, delle strade per il mondo, perché nulla di quanto cogliamo di vivo in noi e attorno a noi vada perduto nel non senso dei nostri baratri interiori.
Nostro malgrado, lo abbiamo imparato per davvero che nella vita sono veramente poche le cose che vale la pena avere in pugno e, se le possediamo, nient’altro importa, ma se non le possediamo, tutto il resto che è in noi non ha valore. Restiamo con l’apparenza anonima di avere raggiunto chissà quali mete, ma nella verità dei piedi, degli occhi e delle mani sappiamo benissimo di essere rimasti fermi, impietriti al nostro punto di partenza. E con l’illusione nel cuore che le cose della vita non siano come esse sono per davvero, continuiamo il nostro viaggio, finché non ci risveglieremo alla verità dei raggi di luce di un nuovo giorno.
Scommettere su ciò che a noi è ignoto, ma ben chiaro a Te, Signore, equivale a credere con tutte le nostre forze all’importanza dei punti di riferimento che Tu ci offri in dono. Alla scuola del tuo infinito amore scopriamo che chi soffre di più nella vita è proprio chi ha ignorato i desideri del suo cuore, dentro i quali Tu parlavi comunque di altro rispetto allo scontato di ogni giorno; chi ha fatto dei suoi sentimenti e delle sue emozioni una fredda questione della mente. E non è errato sospettare che chi è rimasto sordo ai desideri del suo cuore proprio lui passerà il resto della sua vita a rimpiangerli.
Proprio questo è quello che c’è di più difficile, Signore, nella vita: avere il coraggio di consegnare nelle tue mani il tutto della nostra storia personale, di noi stessi e delle nostre relazioni con gli altri, i desideri inariditi in noi, i semi dei sogni che non abbiamo più avuto la voglia di coltivare per il domani.
Rimettere tutto noi stessi nelle tue mani, là dove è possibile ritrovare ancora il brivido dell’impossibile, nulla più di questo ci dà in cambio stasera la gioia di sentirci vivi nella vita del tuo amore.

lunedì 17 settembre 2018

Lo capirai quando sarai grande

alla sera del giorno
17.09.2018

Ce lo hanno detto un’infinità di volte, a noi bambini, giusto per zittirci, non certo per cattiveria e neppure perché insensibili al nostro bisogno di comprendere allora il perché, il senso profondo, di quanto andavamo scoprendo. Non è stato neppure un modo scaltro per spostare più avanti il dovere di una risposta, l’obbligo di offrire una spiegazione, che in quel momento era difficile da formulare.
Ce lo hanno detto innocentemente perché, allora come oggi, certe cose nella vita accadono senza che di esse ne abbiamo un’immediata comprensione. E da sempre, nonostante gli sforzi titanici di ciascuno, in tutti resta pur sempre una parte di ambiguità, di mistero, d’impenetrabilità, la difficoltà a oltrepassare quel muro, comune a tutti, che circonda e custodisce i grandi segreti della vita delle persone.
Certo, un giorno arriverà il momento tanto desiderato in cui tutti potranno capire ciò che ora risulta incomprensibile a ciascuno; ma la difficoltà più grande è quella di intuire adesso quando accadrà questo svelamento, quando giungerà il tempo della piena comprensione dell’accaduto e della felice scoperta della fonte inesauribile di risposte ai tanti perché della vita, il tempo, cioè, in cui la luce del sapere diraderà le ombre della nostra non lucidità.
Ci siamo passati tutti per le sale d’aspetto della vita, fermi agli sportelli dei tanti quando senza le lancette del tempo, con il desiderio di riuscire a capire il senso ultimo dei nostri vissuti personali. E perché finalmente fosse tutto chiaro, alla fine non è bastato neppure avere raggiunto e oltrepassata la soglia della porta di una certa età. Credevamo che con gli anni si sarebbero potute capire molte cose della vita, della propria storia personale, di se stessi e degli altri, e invece... l’elenco dei perché rimasti senza risposta è rimasto a sua volta, più o meno, lo stesso.
Là dove molte cose sono ancora difficili da comprendere e da spiegare, impenetrabile il mistero che le avvolge, la banda dei sentimenti più fidati si è fatta sempre più esigua, e più passa il tempo e più si fa complicato mantenere in sereno equilibrio la propria armonia.
Nonostante restiamo ammutoliti di fronte all’inspiegabile della vita, con le variopinte storie e domande tatuate sulla nostra pelle, invece per Te, Signore, siamo tutti grandi a sufficienza per capire ogni frammento della nostra avventura.
Tu ci chiedi il coraggio della pazzia della fiducia, fiducia in Te, l’ardire di abbracciare con tutto noi stessi il segreto del tuo starci accanto, le più personalizzate sfumature del tuo amore per ciascuno di noi.
E a sera non smetti di ripeterci che grandi si è ai tuoi occhi non per l’età, né per la somma degli anni vissuti, ma per la fede in Te e per la passione che abbiamo di Te nel cuore, perché non si può comprendere la nostra vita se non dentro il caldo abbraccio del tuo amore infinito.

Quando Dio mantiene le sue promesse

ieri CHIESA OGGI domani
alla riscoperta di Gesù, il Risorto,
vivo dentro la sua Chiesa

Milano, 16.09.2018

INCONTRO - 009
Lectio divina su At 2,14-21




LA SACRA PAGINA
At 2,14-21
Nel giorno di Pentecoste 14 Pietro si alzò insieme con gli altri undici apostoli. A voce alta parlò così: «Uomini di Giudea e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme: ascoltate attentamente le mie parole e saprete che cosa sta accadendo. 15 Questi uomini non sono affatto ubriachi, come voi pensate, - tra l'altro è presto: sono solo le nove del mattino. 16 Si realizza invece quello che Dio aveva annunziato per mezzo del profeta Gioele.
17 Ecco - dice Dio - ciò che accadrà negli ultimi giorni:
manderò il mio Spirito su tutti gli uomini:
i vostri figli e le vostre figlie saranno profeti,
i vostri giovani avranno visioni,
i vostri anziani avranno sogni.
18 Su tutti quelli che mi servono, uomini e donne,
in quei giorni io manderò il mio Spirito
ed essi parleranno come profeti.
19 Farò cose straordinarie lassù in cielo
e prodigi quaggiù sulla terra:
sangue, fuoco e nuvole di fumo.
20 Il sole si oscurerà e la luna diventerà rossa come il sangue,
prima che venga il giorno grande e glorioso del Signore.
21 Allora, chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo».

domenica 16 settembre 2018

Lasciare un segno dopo il messaggio

alla sera del giorno
16.09.2018

Non sappiamo la consistenza delle parole, quanto esse siano concrete e stabili, durature e immutabili nel tempo. Nutriamo buone speranze, ma non sempre le parole superano in modo vincente la prova dei fatti.
Oltre che a noi stessi, spesso quello che diciamo agli altri subisce il contrappasso della vita, l’esame sulla qualità e sulla tenuta di una relazione, anche in conseguenza della forza con cui gli imprevisti di ogni giorno plasmano e trasformano buona parte dell’esistenza di tutti.
A differenza delle parole, sulla sostanza delle cose, invece, dei fatti e degli avvenimenti presenti nella parabola della propria storia passata e presente, la visione è più chiara. Si capisce molto bene come l’orgoglio dei gesti sia una palpabile manifestazione della cecità lucidissima con cui rischiamo di entrare in collisione con i mille vissuti nostri e di altrettante persone. Cecità sui doni della vita e, quindi, ciechi noi sul valore soggettivo e originalissimo delle nostre personalità. Cecità sui propri errori e, quindi, ciechi su come si va purtroppo ricamando in noi anche una storia di negatività e di autodistruzione. Infinite potrebbero essere le manifestazioni della cecità ma unica e soggettiva la persona coinvolta. Sulla sostanza delle cose, quindi, sempre siamo noi a manifestare il bene e il male, il rispetto o il disprezzo della vita propria e altrui, un diuturno lavoro di crescita e di maturazione personale oppure d’implosione e d’imbarbarimento.
E come di solito accade nella vita, o una ferita si trasforma in un’opportunità di altro da se stessi, oppure quella stessa ferita si trasformerà alla fine in un baratro di spaventosa profondità.
Solo Tu, Signore, ci puoi educare al senso delle parole e alla qualità dei nostri gesti. Solo Tu ci conduci piano piano a ripensare il nostro modo di vivere la Chiesa, per vivere tutta un’altra Chiesa, quella che sa fare sua la tua volontà, suoi i tuoi disegni di costante incarnazione nella storia in corso dell’umanità.
E tutto si chiarisce e s’impreziosisce per il segno di noi che lasciamo nel mondo dopo il nostro avere ciarlato all’infinito. Certo, non è semplice, non ci viene naturale, trasformare le parole in segni indelebili di senso e di luce. Eppure non ci resta altro da fare che provare a migliorare noi stessi, i nostri pensieri, il nostro linguaggio e tutte quelle dimensioni del nostro esistere che possono essere utili per il raggiungimento di un fine di bene e di senso per tante persone a noi accanto.
Benedici e orienta Tu, Signore, le nostre parole, perché siano sempre per tutti un segno concreto del tuo amore in noi.