venerdì 14 settembre 2018

Si scrivono uguale, si vivono nella diversità

alla sera del giorno
14.09.2018

Di fronte a certi fatti della vita, a quei passaggi critici che non mancano mai di spuntare all’improvviso sul nostro calendario, significativi per importanza, intensi per il profondo coinvolgimento che provocano, sentiamo il bisogno di essere compresi e accompagnati da parole gravide di vita.
Non ci bastano più le parole di ogni giorno, quelle già conosciute in lungo e in largo, quelle praticate in ogni dimensione del loro esistere e del loro inevitabile morire. Nella totale sincerità della nostra umanità, ciò di cui avvertiamo fortissimo bisogno sono parole cariche di novità di vita, di semplicità di sentimenti e di emozioni, parole fiere della loro fecondità.
Per le nostre menti, e ancora di più per i nostri cuori, vi è sempre lo scandalo di incontrare la spugna del silenzio, quel momento particolare in cui ci accorgiamo che tutto in noi viene raccolto e cancellato in un solo istante e a noi non resta dentro se non uno spiazzante silenzio. Contro un muro invisibile, che nostro malgrado passo dopo passo la vita ci costruisce attorno, un po’ per proteggerci dai nuovi assalti del male, un po’ permetterci di avere quella desiderata quiete per celebrare ancora per un istante la sostanza delle cose che impreziosiscono l’intera nostra vita, facciamo tesoro delle lezioni della vita. Se abbiamo compreso che molte cose si scrivono in modo uguale tra loro, è nel modo in cui le viviamo che facciamo della diversità la scelta più bella della nostra storia personale.
Anche se le tue parole, o Signore, ci vengono incontro da lontano, sentiamo che una dopo l’altra esse sono messaggere di leggerezza e di serenità, di delicatezza e di libertà. Più di ogni altro conforto umano, sono le tue parole, Signore, quel miracolo di pace che ristabilisce in noi il significato e la sostanza ultima del nostro esistere.
Insegnaci a vivere la tua parola, Signore, come quel sacramento che porta in sé il coraggio della missione, dell’uscita da noi stessi, del rimettere piede fuori dalla prigione delle nostre ansie e paure interiori, per ritornare a vivere la bellezza del tempo della strada.
Aiutaci a superare la tentazione di sentirci a posto con un dio magico, trascurando, o Signore, Te, chi sei Tu veramente nella realtà della nostra vita. È per questo che Ti chiediamo di insegnarci ancora una volta, ancora perché ci sei padre e fratello, a cercare in Te la tranquillità del nostro esistere proprio alla luce del tuo amore.