domenica 9 settembre 2018

Mancarsi dentro è il lutto più grave

alla sera del giorno
09.09.2018

Quando commettiamo un errore, per quanto possiamo considerarlo banale, un semplice sbaglio, cui non dare peso più di tanto, apparentemente ci sembra che non sia successo nulla di grave. Infatti, ci sono errori di cui neppure più ce ne ricordiamo, altri pensiamo che, prima o poi, il tempo aiuterà ad archiviare, a rimediare, a superare e, chissà mai, addirittura a dimenticare.
Un po’ frutto di una cultura che tende a giustificare di tutto e di più, spesso crediamo di risolvere il problema teorizzandoci sopra oppure filosofeggiando sui nostri sbagli. Ci viene facile affermare che errare è umano, è quasi del tutto naturale, che nessuno è senza difetti, senza un elenco di sbagli e di peccati. Chi non sbaglia mai?
Mah, potrà anche essere vero, ma un simile modo di ragionare sembra essere una mera consolazione. Nella realtà delle cose la verità è un’altra.
Per quanto grande o piccolo sia il nostro errore, dentro di noi accade pur sempre qualcosa di veramente delicato, dalle conseguenze permanenti. È come se, per colpa di uno sbaglio, in noi venisse a morire una parte di noi stessi, quello che si pensava di essere, viceversa quello che credevamo essere capaci di fare e di non fare. Più che il decesso della propria immagine interiore, la conseguenza di un errore ci porta a prendere atto della perdita di una parte dentro di noi, una sorta di lutto nascosto nelle pieghe della propria intimità. È la mancanza per tutta la vita della persona che pensavamo d’essere, o che saremmo potuti essere un giorno, che ci mantiene permanentemente legati ai nostri errori. È una sorta di mutilazione di una parte di noi stessi, delle nostre capacità, potenzialità, creatività e dimensioni di crescita. Si sopravvive, certo, ma a un prezzo che solo noi conosciamo e ricontiamo nel segreto della nostra interiorità.
Se guardiamo alla nostra coscienza, Signore, lì vi ritroviamo elencati uno dopo l’altro gli errori che abbiamo commesso. E comprendiamo che non possiamo abbracciare ancora la cura risanante del Vangelo se abbiamo nascosto in noi un senso di superiorità razziale verso Te e verso la tua misericordia di Padre.
Di quanta umiltà abbiamo bisogno per intercettare, Signore, l’offerta del tuo perdono e il perdono fraterno delle persone che abbiamo ferito. Talvolta non abbiamo cosa più educante, più trasfigurante, che la consapevolezza dei nostri errori, poiché ogni tratto negativo di noi stessi ci parla di un positivo per cui faticare, per cui rimettersi a camminare, per cui non smettere di forgiare l’anima e la vita nostre alla luce della tua amorevole misericordia.
Certo, mancarsi dentro è il lutto più grave che ci possa capitare; ritornare a Te è il sentiero che ci offri ogni volta per una possibile via di risurrezione.