alla sera del giorno
24.09.2018
È il viaggio più entusiasmante che si possa fare, quello di passare attraverso gli angusti corridori di una biblioteca, là dove a fare da argine al proprio incedere si ritrovano lungo ambo i lati scaffalature piene di libri, antichi e nuovi.
Non si tratta tanto di uno spostarsi da un capo all’altro di un locale, ma di una vera e propria navigazione a sapere aperto, dentro un mare fatto di parole ordinate e confuse allo stesso tempo, di frasi e di punteggiature indispensabili per raccontare non più un mare bensì un oceano di pensieri, di desideri, di sogni e di avventure dalle mille colorazioni e dalle mille emozioni.
Mai come dentro una biblioteca è facile avvertire nella propria mente la pericolosa sensazione di provvisorietà e di insicurezza del proprio sapere, il basso livello delle proprie conoscenze. Dentro il guscio di una biblioteca, in esso più che altrove, solo alle persone intelligenti e sensibili è dato di scoprire la misura tridimensionale del proprio sapere: cose che si sanno in lungo e in largo, in altezza e in profondità, in spirito e in verità. Ma ogni constatazione altro non può fare che misurare le minime, minuscole, frammentarie e decisamente parziali e soggettive conoscenze personali di se stessi, del vissuto dell’umanità intera e dell’universo intorno.
Più di ogni altra curiosità, però, in una biblioteca si può fare prova di ascolto creativo, cioè, si può tentare di tendere l’orecchio per scandagliare e per andare oltre le parole scritte, per udire storie raccontate solo in parte e non svelate per intero. È la stupenda esperienza dell’ascolto oltre il sacro silenzio dei libri, oltre il sacro rito della celebrazione dell’arte della parola e della comunicazione umana. È l’ascolto, che solo a pochi è concesso, degli strepiti della battaglia della vita, quando vicendevolmente in faccia le persone gettano agli altri frammenti di sé; che si tratti di un altro autore, che si tratti di un ignoto lettore, che si tratti del custode delle parole, al quale compito è affidato quello di quietare le tempeste di ciascuno, per riportare tutti alla serenità di un mare infinito di conoscenze in relazione armonica con altri saperi.
Sono i frammenti degli altri che ci fanno paura, Signore, quando violentemente cozzano contro l’apparente protezione di noi stessi; i frammenti di tante persone che hanno visto andare in mille pezzi le storie personali dei loro cuori, dei loro pensieri, del loro intreccio un tempo vitale di relazioni umane.
Solo Tu con paziente maestria rintracci e ricomponi i frammenti di ciascuno. Solo Tu sai trovare il modo, Signore, perché ne conosci l’arte, di far emergere in ciascuno il senso di riconciliazione e di armonia, di serenità e di pace, affinché le parole non siano usate come armi bensì come strumenti di incontro e di unione profonda.
Benedici Tu, Signore, le biblioteche dei nostri vissuti personali, per che in esse le parole non trovino un cimitero dentro il quale dileguarsi via via nel tempo, ma lo stimolo a indicare a tutti vie di reciproca risurrezione, riflessi di Te sul senso vero delle nostre emozioni, delle nostre riflessioni, la risposta a lungo cercata per la soluzione dei nostri dubbi esistenziali. E nel guscio del sapere, illuminato da Te, saremo i più felici del mondo.