27 febbraio
Quando sentono parlare di “vocazione” moltissime
persone associano a questa parola un’esperienza di vita che solo pochi, in
verità, hanno modo di vivere, quella della chiamata di Dio il quale, secondo
una logica tutta sua, sceglie un uomo o una donna per affidare loro una particolare
missione da compiere.
Al contrario dei primi, pochissimi ritengono invece che,
nessuna esclusa, tutte le persone abbiano registrata nella loro interiorità una
voce, una vocazione appunto, che le chiama a compiere nel tempo scelte importanti,
le grandi scelte della loro vita, secondo un disegno preesistente.
Più di ogni altra cosa, in ogni persona è presente una
meta da raggiungere, quella della propria gioia: la gioia, la felicità di tutta
una vita. E benché sia molto ampio il ventaglio delle possibilità di scelta, nel
profondo del proprio essere ciascuno avverte, seppure in modo inizialmente indefinibile,
che comunque una sola è la strada da scegliere e da percorrere, una sola è la
strada che più di tutte le altre fa vibrare inspiegabilmente la mente e il
cuore, una sola è la strada che definisce serenamente la propria persona rispetto
alle altre, una sola, infine, è la strada che anticipa la gioia della meta.
A ragion veduta, soprattutto quando entra in gioco nella
vita di una persona la dimensione della sua affettività, è bene parlare di
vocazione, di chiamata, d’invito esistenziale al dialogo relazionale di questa con
un’altra persona. Usare la parola vocazione all’interno di una storia d’amore tra
due persone vuole dire soprattutto andare ben oltre la semplice naturale inclinazione
di un uomo o di una donna verso un qualcosa che personalmente ravvisa essere la
realizzazione della propria persona – ad esempio l’inclinazione naturale per un’arte,
una professione, un genere di studi. All’interno di una storia d’amore è più
che coretto e giusto parlare di una chiamata alla reciproca donazione di se
stessi nell’alterità di una storia.
Sì, le persone si amano per vocazione quando esse avvertono
che l’amore ricevuto dall’altra persona chiama entrambi a rispondere alla
manifestazione del suo cuore con il proprio cuore: all’amore totale dell’altro si
risponde con la totalità del proprio amore.
Si ama per vocazione quando si è convinti che il
proprio futuro non può essere costruito che a quattro mani, non da soli, ma all’interno
di un cerchio bene definito d’affetti e di emozioni, di sogni e di progetti da
condividere insieme ad ogni passo e respiro di vita.
Si ama per vocazione quando si rinuncia alla propria autogestione
esistenziale per, bando ad ogni egocentrismo, accettare che la persona amata abbia
concretamente il diritto d’accesso nella propria vita. Più d’ogni altro desiderio
o sogno, una storia d’amore esige da entrambi il dono incondizionato, reciproco,
dell’unica vita che si possiede tra le mani.
Infine, si ama per vocazione quando ogni giorno si è
disposti, sull’esempio del Cristo, a vivere e a morire, così come a risorgere, all’interno
di una storia a due “per e insieme” alla persona amata. Il dono oblativo ed
incondizionato di sé stessi all’altro porta ciascuno a non avere paura del proprio
annichilimento; a consumare tutto se stesso – come una candela – dentro un
orizzonte di senso disegnato da entrambi.
Grazie alla forza dell’amore di Dio, si ama per
vocazione quando non si cede di fronte alla tentazione di rinunciare alle
responsabilità attinte alle sorgenti della propria fede. E nel punto più intimo
della coscienza di una persona lo Spirito fa comprendere a ciascuno che, se non
c’è chiamata all’amore di coppia, c’è pur sempre una chiamata all’amore, da
vivere in modo diverso, lungo un’altra strada, quella della propria vocazione: a
ciascuno la sua vocazione, a ciascuno il suo amore.