venerdì 2 febbraio 2018

Amiamo le rose e pratichiamo le spine

alla sera del giorno
02.02.2018

Eppure ci dobbiamo avvicinare, se vogliamo odorare per davvero il profumo intenso di una rosa. Certo, per precauzione possiamo restare a distanza di sicurezza e accostarci solo con la punta del naso, ma qualora volessimo portare con noi quel fiore, la maestria è proprio quella di non pungersi con le sue spine.
Le rose sono così: invitanti, belle, profumante, molto spesso inebrianti… e al tempo stesso pungenti, graffianti, che non disdegnano di raccogliere qua e là gocce di sangue dalle dita dei più sprovveduti.
La vita stessa ha imparato dal sistema rosa: profumo, bellezza, motivi di gioia, alternabili a istanti graffianti di dolore, poche gocce di acqua di colonia sulla pelle e gocce di olii fragranti nei moderni diffusori, per trasportare su di sé e per respirare piacevolmente uno dei profumi più delicati al mondo.
Paragonabile al mistero della rosa, la stessa vita delle persone è immersa in quella dimensione intensa di bellezza e di gradevolezza che ogni persona può prendersi a cuore, per vivere con gioia la bellezza di tutta se stessa. È sempre la vita umana a incontrare e a sperimentare la drammaticità del dolore quando, subito su se stessi o ingiustamente inferto agli altri, quel dolore gocciola sangue dalle nostre anime e dai nostri istanti di vita, lasciandoci tutti nella completa nudità delle nostre sofferenze.
Prima che la notte del dolore s’impadroni anche degli ultimi raggi di luce rimasti, a sera, sulla bellezza delle nostre vite, sei tu, Signore, a prenderti cura del giardino del tuo amore. Tu ci insegni a saperci destreggiare con le misure della vita, a non sbagliare il contatto con tutto ciò che è bello e piacevole, a contare il numero delle spine e a considerare la loro lunghezza, la loro pericolosità.
Come non togli le spine alle rose, così sei il primo tu a rispettare la naturalità delle nostre storie personali, senza togliere ai giorni la componente sanguinante dell’esistere. Ma proprio tu ci dai l’esempio di come praticare, Signore, il dolore e la sofferenza propria e altrui, la gioia e la fragranza dell’esistere, senza mai smarrire la consapevolezza del profumo della nostra stessa vita.