giovedì 4 ottobre 2018

Il terrore di non appartenerci più

alla sera del giorno
04.10.2018

È la paura più bizzarra che ci possiamo portare dentro, congiuntamente, nella mente e nel cuore.
Si tratta di una paura, come si dice, sottopelle, senza che appaia all’esterno, ma molto presente ed efficace nel bel mezzo delle nostre relazioni affettive, sociali, professionali e, addirittura, spirituali. Gli altri non se ne accorgono subito, o talvolta quasi mai, ma essa ha tutto il tempo per iniziare il suo bizzarro lavoro di destabilizzazione della solidità delle nostre storie personali.
Di fronte al pericolo di non appartenerci più, cioè al rischio di perdere irrimediabilmente noi stessi, anzitutto, in gioco c’è il tema e la concretezza della nostra libertà, la volontà di mantenere in pugno la vita, le scelte fatte e quelle da fare, l’arte di innescare strategie di difesa della nostra signoria su tutto. Ogniqualvolta ci troviamo di fronte al problema se e come restare ciò che vogliamo essere, senza ulteriormente farci graffiare e trasformare in peggio dagli eventi più negativi del cammino, ciascuno fa i conti con la tenta del suo coraggio e con la forza delle sue convinzioni personali.
Non è un semplice timore per ciò che non consociamo ancora, oppure paura per ciò che non vorremmo mai sperimentare in ogni dimensione del nostro esistere, la perdita di tutto di noi stessi è esperienza drammatica di furto esistenziale, rapimento dal nostro cuore e dalla nostra mente di ogni scintilla di vita e di riscossa, è congelamento del respiro un tempo caldo dell’anima nostra. E per questo, il terrore di non essere più noi stessi, in prima battuta ci paralizza interiormente e poi, via via, nella preziosa rete delle nostre relazioni interpersonali.
Anche Tu, Signore, ti sei ritrovato nei nostri stessi panni. Eppure, in balia della forza del Male, di fronte al tornado di disumanità che tutto in te stava per sconvolgere e portare via con sé, Tu sei rimasto te stesso, ancorato al tuo essere Uomo e al tuo essere Dio. Anche Tu hai provato la sconvolgente esperienza di entrare nel terrore di non appartenerti più, ma in te la nemica paura si è trasformata in angelo di consolazione, la negatività di un rapimento in positività del dono volontario di te stesso, il divorzio dal Male come via di liberazione dalle tenebre, come via di risurrezione oltre la morte.
Insegna anche a noi, Signore, a come non smettere di credere che se la corsa della vita è a doppio senso di marcia, cioè dal bene al male e dal male al bene, con te dentro il nostro esistere è sempre possibile una via di fuga da tutto ciò che ci impoverisce, per ritrovare i sentieri che Tu ci offri di ritorno alla positività di tutto quello che è ricchezza di vita in noi.
Dalla paura, dallo smarrimento, dal terrore di riconoscerci rapiti e poi abbandonati dal Male lungo i sentieri del non senso, è a te, Signore, che chiediamo di infonderci il coraggio e la fiducia di non puntare nella vita all’appartenerci a tutti i costi, ma al donarci a te, perché in te non vi è perdita del tutto di noi stessi bensì il guadagno di molto di più di quello che siamo, l’infinto guadagno di quello che sei Tu.