ieri CHIESA OGGI domani
alla riscoperta di Gesù, il Risorto,
vivo dentro la sua Chiesa
LA SACRA PAGINA
At 2,1-4
1
Il giorno della Pentecoste volgeva al suo termine, ed essi stavano
riuniti nello stesso luogo. 2 D'improvviso vi fu dal cielo un rumore,
come all’irrompere di un vento impetuoso, che riempì tutta la casa in
cui si trovavano.
ALLA SCUOLA DI LUCA
Il
commento qui di seguito ti potrà aiutare a capire la situazione e
l’ambiente in cui si svolge il fatto narrato e il perché della scelta
delle parole in esso riportate.
La
narrazione dei segni avvenuti il giorno della Pentecoste non forma
un'unità chiusa in se stessa, ma è concepita come preparazione al
discorso seguente di Pietro, (vv. 14-39). Essa culmina con l'espressione
di stupore dei presenti contenuta nel versetto 12: «che cosa vuol dire
tutto ciò?», a quale risponderanno sempre le parole di Pietro (vv.
14-39).
Possiamo, quindi, precisare la struttura di questa prima parte
del secondo capitolo del Libro degli Atti degli Apostoli: nel v. 1
vengono descritte le circostanze del fatto; nei vv. 2-4 viene narrato il
fatto stesso della venuta dello Spirito; i vv. 5-6 introducono i
testimoni di questi eventi prodigiosi; lo stupore viene suscitato
gradualmente nell'anima del lettore attraverso la triplice
interrogazione dei vv. 7.8.12, l'enumerazione di tanti popoli diversi
(vv. 9-11) e la notazione ironica finale (v. 13), che prepara per
contrasto la serietà dell'annuncio di Pietro (v. 14ss).
v. 1 - Le circostanze del fatto
«Il giorno... volgeva al suo termine».
Anche se l'espressione non ci risulta molto chiara, essa sembra
indicare che la giornata della Pentecoste stava avviandosi al suo
compimento, il che si può dire dell'ora terza del giorno (le nove del
mattino: cfr. 2,15), poiché il giorno della festa aveva avuto inizio già
al calare del sole del giorno precedente e quindi era già trascorse
oltre 12 ore.
Con la parola «Pentecoste»,
che significa «il cinquantesimo» (giorno), Luca allude al ciclo festivo
delle sette settimane che iniziava con la celebrazione della Pasqua
ebraica e di cui si trova menzione già nel Vecchio Testamento (per es.
Lv 23,15-21). Infatti, all’inizio del culto giudaico si trattava di una
festa per la mietitura (Cfr. Dt 16,9-12); in seguito servì anche a
ricordare la rivelazione di Dio e la consegna della Legge da lui fatta a
Mosè sul monte Sinai. Così la liberazione dalla schiavitù in Egitto,
evento commemorato dalla Pasqua, e il dono della legge a Mosè costituì
il fondamento della fede storica d'Israele; Pasqua e Legge che danno
inizio ad un’alleanza tra Dio e Israele, ora divenuto il popolo
dell'alleanza.
Ai tempi di Gesù la data della celebrazione della festa di
Pentecoste veniva computata in modo diverso dai Sadducei (che contavano
50 giorni a partire dal giorno di Pasqua), dai Farisei (che contavano 50
giorni dal sabato dopo la Pasqua), e dagli Esseni (che contavano 50
giorni dal sabato dopo l'ottava di Pasqua, raggiungendo così il «terzo
mese» dall'uscita dall'Egitto [Es 19,1] e facendo coincidere perciò la
data con gli eventi narrati in Es 19ss, cioè con la manifestazione
divina sul Sinai e la promulgazione della legge). Non possiamo però
dire con certezza a quale modo di computazione Luca si attenga. Se egli
seguisse il modo di computare degli Esseni, presenterebbe la Pentecoste
come una nuova manifestazione di Dio analoga a quella del Sinai, e come
la promulgazione della legge nuova, non più fatta di comandi incisi su
tavole di pietra, ma consistente nella pienezza dello Spirito effuso nei
cuori dei fedeli.
Senz’ombra di dubbio, i primi cristiani davano a questa festa
ebraica un forte valore simbolico, poiché in questo giorno veniva
situata la nascita del popolo della «nuova alleanza». Del resto si sente
in questo testo la tensione della giovane comunità durante l'attesa del
battesimo dello Spirito. Ci troviamo di fronte, allora, non
tanto ad una fine cronologica di un particolare tempo di attesa, ma
all'avveramento della promessa più volte fatta da Gesù (Lc 24,49; At
1,5.8) e dai profeti del dono dello Spirito: è l'evento escatologico,
ultimo, segno sicuro di salvezza.
Il messaggio proclamato all’interno dell’evento dello Spirito
tiene conto dunque del costante rapporto fatto da Luca tra dono dello
Spirito a Pentecoste e dono della legge al Sinai: la Pentecoste è la
sostituzione della legge esteriore con il dono interiore dello Spirito,
la celebrazione della nuova alleanza (Cfr. Ger 31,31-34; Ez 36,27; Rm
8,2) liberante, in opposizione al mortificante giogo della legge. È
questo il messaggio «biblico», cui si aggiunge un messaggio proposto dai
Padri della Chiesa, che leggono il fatto come contrapposizione alla
dispersione dei popoli avvenuta a Babele: la Pentecoste è allora la
festa della comunione cristiana contro la separazione delle lingue, cioè
dei cuori registrata in Genesi 11.
Sempre nel versetto 1 Luca riassume i presenti a quell’evento
prodigioso della Pentecoste con il pronome «essi» che indica certamente
il gruppo dei centoventi. Il fatto di «stare insieme» è menzionato con
un'espressione letta in At 1,15 e che ritroveremo in At 2,44 e 46. I
Dodici non saranno dunque soli a vivere l'avvenimento, come non erano
soli ad aspettarlo nella preghiera.
v. 2-3 - Vento e fuco per la venuta dello Spirito
I
versetti 2 e 3 sono stati redatti da Luca con riferimento ai segni
straordinari che preludevano alla rivelazione del Sinai, in cui il
Signore «era sceso nel fuoco» (cfr. Es 19,16ss; 20,22; Dt 4,36) e in cui
«tutto il monte» tremava. Anche qui un rumore violento riempie
«tutta la casa». Si tratta dunque di un linguaggio biblico convenzionale
per annunziare un intervento decisivo di Dio; un linguaggio dunque da
non prendere alla lettera.
Al rumore e al fuoco segue nel pensiero di Luca la certezza che
gli apostoli hanno potuto ricevere in visione il segno simbolico delle
«lingue di fuoco», come fu la visione della colomba da parte di Gesù,
secondo Mt 3,16. Non è difficile decifrarne il simbolismo: lo Spirito Santo è un fuoco,
simbolo dell'amore ardente di Dio e della sua forza purificatrice, così
come lo aveva annunziato Giovanni Battista (cfr. Lc 3,16). E la
funzione primaria dello Spirito sarà proprio quella di «far parlare»
coloro che lo ricevono.
Come nelle apocalissi dell'Antico Testamento, le immagini del
fragore del fuoco «comunicano il significato di un’esperienza
spirituale, essenzialmente interiore, di realtà celesti in termini di
immagini familiari agli uditori. Il vento impetuoso e il fuoco sono
familiari, perché usate in teofanie dell'Antico Testamento». «I fenomeni
acustici e visivi sono soltanto un segno del miracolo vero e proprio,
l'intervento di Dio».
In fondo, si tratta di un mistero che va al di là di ogni
esperienza umana, ma che, dovendo rendersi comprensibile agli uomini,
aveva pur bisogno di simboli esteriori. Anche nella storia della
rivelazione dell'Antico Testamento il vento e il fuoco simboleggiano la
Divinità. Sappiamo che nelle lingue ebraica, greca e latina il vocabolo
usato a indicare lo «Spirito», può servire a designare sia il fenomeno
naturale del «vento che soffia» (alito, respiro), come pure il
misterioso mondo del divino: Dio usa manifestarsi nel simbolismo degli
avvenimenti. Questo è ciò che vuol significare anche nel racconto degli
Atti l'uso di analogie e similitudini. Non si tratta di un vento vero e
proprio, di un fuoco reale e materiale: si tratta di concetti espressi
materialmente perché alla nostra intelligenza sia dato di comprendere -
come all'autore di esprimere - ciò che lo Spirito ha di indescrivibile.
Infine, anche se il fragore come di vento impetuoso e le lingue
come di fuoco non costituiscono dei fatti reali, esse appartengono al
mezzo espressivo, sia per sottolineare la contrapposizione al Sinai, sia
per illustrare l'efficacia del dono dello Spirito. Gli esegeti sono per
lo più concordi su questa seconda interpretazione. «Non si tratta di un
vento vero e proprio, di un fuoco reale e materiale, perché alla nostra
intelligenza sia dato di comprendere - come all'autore di esprimere -
ciò che lo Spirito ha di indescrivibile. Da quel fuoco, simbolo della
vitalità di Dio e del suo fulgore, si staccano singole lingue luminose,
per significare che ciascuno riceve la rivelazione dell'unico Spirito
nella maniera che gli è propria». Anche Paolo, parlando dei carismi
dello Spirito Santo (Cfr. 1Cor 12,4ss), spiega e giustifica lo stesso
fatto. Questo Spirito, già promesso da Gesù, guida e riempie ora la
parola e l'azione dei discepoli.
v. 4 - Tutti furono riempiti di Spirito Santo
Personaggi
ripieni di Spirito Santo appaiono fin dall'inizio dell'opera lucana:
essi sono insieme gratificati di un dono profetico. Tuttavia la pienezza
di Spirito che ricevono gli apostoli in At 2,4 ha una posizione di
privilegio. È l'effusione che segna l'inizio del tempo della Chiesa,
quella preannunciata più volte da Gesù e connessa con la testimonianza
(Lc 24,48; At 1,4; 1,8). Nel seguito degli Atti questo evento sarà
richiamato come principio di discernimento per simili fenomeni che si
manifestano in occasione della predicazione ai pagani: At 10,44-47;
11,15-17; 15,8.
Questo versetto 4 dice in poche parole l'essenziale. Il fatto
primario, fondamentale, è che gli apostoli sono «riempiti di Spirito
Santo». È questa un'espressione propria di Luca, in quanto egli l'ha
applicata, in una specie di anticipazione della Pentecoste, agli eroi
dei racconti dell'infanzia: Giovanni il Battista (Lc 1,15), Elisabetta
(Lc 1,41), Zaccaria (Lc 1,67); e naturalmente a Gesù dopo il suo
battesimo (Lc 4,1). La ripeterà a proposito di Pietro, dei credenti
riuniti, di Stefano, di Barnaba e di Saulo-Paolo, infine dei pagani
convertiti, ogni volta in occasione di avvenimenti eccezionali (At
4,8.31; 6,5; 7,55; 9,17; 13,9;11,24; 13,9.52).
Il fatto del riempimento dello Spirito ha come segno esterno il carisma delle lingue.
Questa espressione solleva qualche problema. Molti esegeti concordano
oggi nel ritenere che l'avvenimento originario della Pentecoste,
presentato dal racconto così come ci è pervenuto, fosse un fenomeno di
glossolalia o «parlare in lingue», simile a quello che, come vedremo in
At 10,46, accompagnò il dono dello Spirito ai pagani in casa di
Cornelio. È una manifestazione dello Spirito molto apprezzata
soprattutto nella Chiesa di Corinto e di cui Paolo tratta ampiamente
nella Prima lettera alla comunità di Corinto (1Cor 14). È una lingua
strana, estatica, mediante la quale il credente posseduto dallo Spirito
loda Dio in un linguaggio che gli altri non capiscono e che ha dunque
bisogno di essere interpretato. Alcuni elementi nel seguito del nostro
racconto concordano abbastanza bene con questa ipotesi secondo la quale
l'esperienza fondatrice del dono dello Spirito sarebbe stata
spettacolarmente accompagnata da una manifestazione di glossolalia
collettiva.
Anche se si hanno diverse interpretazioni circa questo
fenomeno, è pur sempre vero che nel nostro contesto Luca insiste sulla
intelligibilità di queste lingue (vv. 6.8-11). Si tratterebbe quindi
piuttosto del dono di esprimersi profeticamente con canti ispirati, sul
tipo del «Magnificat» (Lc 1,46-49; Ap 15,3) in lingue diverse, o almeno
con la capacità data ai presenti di intenderli nella propria lingua.
Ma il testo finale che leggiamo vuol dire qualcos'altro, perché
non senza ragione Luca scrive «parlare in altre lingue», ossia in
lingue straniere identificabili. Egli reinterpreta così l'avvenimento
per mostrare quel che era in germe fin dal primo momento nella vita
della Chiesa: per lui, il miracolo di Pentecoste è un segno dell'universalismo del vangelo,
che genti di ogni lingua possono ricevere e comprendere. Esso mette
fine simbolicamente alla situazione raffigurata dal racconto della torre
di Babele (Gen 11) in cui la confusione delle lingue fu un segno della
divisione dell'umanità.
MEDITAZIONE
Durante i prossimi giorni metti la tua vita in relazione con il testo che hai letto. È la tua rilettura allo scopo di ascoltare cosa il Signore dice a te in questo periodo o situazione della vita, cosa dice allo sviluppo della tua persona, cosa suggerisce per le tue relazioni. Lui ti consola, ti esorta, ti orienta e ti rallegra dentro il cammino della Chiesa del Risorto.
Durante i prossimi giorni metti la tua vita in relazione con il testo che hai letto. È la tua rilettura allo scopo di ascoltare cosa il Signore dice a te in questo periodo o situazione della vita, cosa dice allo sviluppo della tua persona, cosa suggerisce per le tue relazioni. Lui ti consola, ti esorta, ti orienta e ti rallegra dentro il cammino della Chiesa del Risorto.
Spunti per la riflessione personale
1.
Il
giorno della Pentecoste segna la vita dei discepoli del Risorto. Quale
ricordo ho del giorno in cui lo Spirito di Gesù è sceso su di me?
Nonostante i problemi della vita, come ho vissuto questo dono di Dio? In
che modo il dono dello Spirito mi ha unito di più alla vita della
Chiesa?
2.
I
presenti nel Cenacolo videro che il fuoco si divideva in lingue e si
posava su di loro. Ho in me la convinzione che unico è il dono dello
Spirito, come unica deve essere la fede dei credenti, nonostante la
storia personale di ciascuno? Che cosa faccio affinché le «lingue di
fuoco che si separano» ed entrano nella vita dei credenti ritornino ad
essere “uno” nella fede della mia Comunità?
Spunti per la riflessione in Famiglia o nel Gruppo
1.
Ad
attendere la venuta dello Spirito troviamo riunita nel Cenacolo la
Comunità dei discepoli? Con quale stile di vita la nostra Comunità
attende ogni giorno lo Spirito? Come aiuta i fratelli e le sorelle ad
essere pronti ed accoglienti del dono di Dio? In che cosa oggi dobbiamo
migliorare per essere per l’uomo e per le donne “Comunità viva nello
Spirito”?
2.
«Tutti
furono pieni di Spirito e si misero a parlare in altre lingue». Se
frutto dello Spirito è la capacità di parlare le lingue degli uomini,
quale lingua parla la nostra Comunità? Come lo Spirito si esprime in
noi, all’interno e all’eterno della nostra Comunità? In che modo
possiamo parlare al cuore delle persone ed essere per esse “voce di
Dio”, “voce dello Spirito”?
PREGHIERA
È il momento di ringraziare Dio per ogni cosa, facendo una preghiera che sgorghi dalla Parola che hai letto e meditato e che ti disponga ad ubbidire alla voce dello Spirito del Signore Risorto.
È il momento di ringraziare Dio per ogni cosa, facendo una preghiera che sgorghi dalla Parola che hai letto e meditato e che ti disponga ad ubbidire alla voce dello Spirito del Signore Risorto.
tu vedi il nostro smarrimento,
tu conosci la complessità della nostra vita,
la nostra storia tormentata.
Sostieni gli uomini e le donne
che lottano per la giustizia
e che si impegnano per la pace.
Non permettere che l’arroganza
e gli interessi dei potenti
prolunghino ancora a lungo
la sofferenza dei poveri
e l’umiliazione dei deboli.
Vieni, Spirito Consolatore:
soccorri quelli che si sentono soli e sono disperati,
apri il nostro animo alla condivisione
e alla solidarietà.
Incoraggia ogni esperienza di fraternità
e di riconciliazione nella tua Chiesa.
Vieni, Spirito Consolatore:
ricordaci il Vangelo,
la sua limpida bellezza,
la sua forza tranquilla
e donaci la gioia
di accoglierlo ogni giorno. Amen.
È
il momento di metterti in moto, di agire in conseguenza di quanto hai
ascoltato, per produrre nella tua vita frutti di Vangelo.
Alla
luce di quanto ci ricorda il capitolo 2 del Libro degli Atti degli
Apostoli, riscopri nella tua vita spirituale il dono, il valore e
l’opera in te dello Spirito Santo. Ogni volta che ti raccogli in
preghiera, vivi alcuni istanti di silenzio invocando su di te, sulle
persone a te care, la presenza e l’opera amorevole dello Spirto Santo.
Rifletti, prega e ringrazia!
FLYER INCONTRO
AUDIO DELLA LECTIO DIVINA
per richiedere l'audio dell'incontro contattare direttamente sergio.carettoni@gmail.com