martedì 8 maggio 2018

Furono ripieni tutti di Spirito Santo

ieri CHIESA OGGI domani
alla riscoperta di Gesù, il Risorto,
vivo dentro la sua Chiesa

Milano, 06.05.2018

INCONTRO - 007
Lectio divina su At 2,1-4


LA SACRA PAGINA
At 2,1-4
1 Il giorno della Pentecoste volgeva al suo termine, ed essi stavano riuniti nello stesso luogo. 2 D'improvviso vi fu dal cielo un rumore, come all’irrompere di un vento impetuoso, che riempì tutta la casa in cui si trovavano.
3 E apparvero ad essi delle lingue come di fuoco che si dividevano, e che andarono a posarsi su ciascuno di loro. 4 Tutti furono riempiti di Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, così come lo Spirito Santo dava ad essi di esprimersi.


ALLA SCUOLA DI LUCA
Il commento qui di seguito ti potrà aiutare a capire la situazione e l’ambiente in cui si svolge il fatto narrato e il perché della scelta delle parole in esso riportate.

La narrazione dei segni avvenuti il giorno della Pentecoste non forma un'unità chiusa in se stessa, ma è concepita come preparazione al discorso seguente di Pietro, (vv. 14-39). Essa culmina con l'espressione di stupore dei presenti contenuta nel versetto 12: «che cosa vuol dire tutto ciò?», a quale risponderanno sempre le parole di Pietro (vv. 14-39).
Possiamo, quindi, precisare la struttura di questa prima parte del secondo capitolo del Libro degli Atti degli Apostoli: nel v. 1 vengono descritte le circostanze del fatto; nei vv. 2-4 viene narrato il fatto stesso della venuta dello Spirito; i vv. 5-6 introducono i testimoni di questi eventi prodigiosi; lo stupore viene suscitato gradualmente nell'anima del lettore attraverso la triplice interrogazione dei vv. 7.8.12, l'enumerazione di tanti popoli diversi (vv. 9-11) e la notazione ironica finale (v. 13), che prepara per contrasto la serietà dell'annuncio di Pietro (v. 14ss).

v. 1 - Le circostanze del fatto

«Il giorno... volgeva al suo termine». Anche se l'espressione non ci risulta molto chiara, essa sembra indicare che la giornata della Pentecoste stava avviandosi al suo compimento, il che si può dire dell'ora terza del giorno (le nove del mattino: cfr. 2,15), poiché il giorno della festa aveva avuto inizio già al calare del sole del giorno precedente e quindi era già trascorse oltre 12 ore.
Con la parola «Pentecoste», che significa «il cinquantesimo» (giorno), Luca allude al ciclo festivo delle sette settimane che iniziava con la celebrazione della Pasqua ebraica e di cui si trova menzione già nel Vecchio Testamento (per es. Lv 23,15-21). Infatti, all’inizio del culto giudaico si trattava di una festa per la mietitura (Cfr. Dt 16,9-12); in seguito servì anche a ricordare la rivelazione di Dio e la consegna della Legge da lui fatta a Mosè sul monte Sinai. Così la liberazione dalla schiavitù in Egitto, evento commemorato dalla Pasqua, e il dono della legge a Mosè costituì il fondamento della fede storica d'Israele; Pasqua e Legge che danno inizio ad un’alleanza tra Dio e Israele, ora divenuto il popolo dell'alleanza.
Ai tempi di Gesù la data della celebrazione della festa di Pentecoste veniva computata in modo diverso dai Sadducei (che contavano 50 giorni a partire dal giorno di Pasqua), dai Farisei (che contavano 50 giorni dal sabato dopo la Pasqua), e dagli Esseni (che contavano 50 giorni dal sabato dopo l'ottava di Pasqua, raggiungendo così il «terzo mese» dall'uscita dall'Egitto [Es 19,1] e facendo coincidere perciò la data con gli eventi narrati in Es 19ss, cioè con la manifestazione divina sul Sinai e la promulgazione della legge). Non possiamo però dire con certezza a quale modo di computazione Luca si attenga. Se egli seguisse il modo di computare degli Esseni, presenterebbe la Pentecoste come una nuova manifestazione di Dio analoga a quella del Sinai, e come la promulgazione della legge nuova, non più fatta di comandi incisi su tavole di pietra, ma consistente nella pienezza dello Spirito effuso nei cuori dei fedeli. 

Senz’ombra di dubbio, i primi cristiani davano a questa festa ebraica un forte valore simbolico, poiché in questo giorno veniva situata la nascita del popolo della «nuova alleanza». Del resto si sente in questo testo la tensione della giovane comunità durante l'attesa del battesimo dello Spirito. Ci troviamo di fronte, allora, non tanto ad una fine cronologica di un particolare tempo di attesa, ma all'avveramento della promessa più volte fatta da Gesù (Lc 24,49; At 1,5.8) e dai profeti del dono dello Spirito: è l'evento escatologico, ultimo, segno sicuro di salvezza.
Il messaggio proclamato all’interno dell’evento dello Spirito tiene conto dunque del costante rapporto fatto da Luca tra dono dello Spirito a Pentecoste e dono della legge al Sinai: la Pentecoste è la sostituzione della legge esteriore con il dono interiore dello Spirito, la celebrazione della nuova alleanza (Cfr. Ger 31,31-34; Ez 36,27; Rm 8,2) liberante, in opposizione al mortificante giogo della legge. È questo il messaggio «biblico», cui si aggiunge un messaggio proposto dai Padri della Chiesa, che leggono il fatto come contrapposizione alla dispersione dei popoli avvenuta a Babele: la Pentecoste è allora la festa della comunione cristiana contro la separazione delle lingue, cioè dei cuori registrata in Genesi 11.
Sempre nel versetto 1 Luca riassume i presenti a quell’evento prodigioso della Pentecoste con il pronome «essi» che indica certamente il gruppo dei centoventi. Il fatto di «stare insieme» è menzionato con un'espressione letta in At 1,15 e che ritroveremo in At 2,44 e 46. I Dodici non saranno dunque soli a vivere l'avvenimento, come non erano soli ad aspettarlo nella preghiera.

v. 2-3 - Vento e fuco per la venuta dello Spirito

I versetti 2 e 3 sono stati redatti da Luca con riferimento ai segni straordinari che preludevano alla rivelazione del Sinai, in cui il Signore «era sceso nel fuoco» (cfr. Es 19,16ss; 20,22; Dt 4,36) e in cui «tutto il monte» tremava. Anche qui un rumore violento riempie «tutta la casa». Si tratta dunque di un linguaggio biblico convenzionale per annunziare un intervento decisivo di Dio; un linguaggio dunque da non prendere alla lettera.
Al rumore e al fuoco segue nel pensiero di Luca la certezza che gli apostoli hanno potuto ricevere in visione il segno simbolico delle «lingue di fuoco», come fu la visione della colomba da parte di Gesù, secondo Mt 3,16. Non è difficile decifrarne il simbolismo: lo Spirito Santo è un fuoco, simbolo dell'amore ardente di Dio e della sua forza purificatrice, così come lo aveva annunziato Giovanni Battista (cfr. Lc 3,16). E la funzione primaria dello Spirito sarà proprio quella di «far parlare» coloro che lo ricevono.
Come nelle apocalissi dell'Antico Testamento, le immagini del fragore del fuoco «comunicano il significato di un’esperienza spirituale, essenzialmente interiore, di realtà celesti in termini di immagini familiari agli uditori. Il vento impetuoso e il fuoco sono familiari, perché usate in teofanie dell'Antico Testamento». «I fenomeni acustici e visivi sono soltanto un segno del miracolo vero e proprio, l'intervento di Dio».
In fondo, si tratta di un mistero che va al di là di ogni esperienza umana, ma che, dovendo rendersi comprensibile agli uomini, aveva pur bisogno di simboli esteriori. Anche nella storia della rivelazione dell'Antico Testamento il vento e il fuoco simboleggiano la Divinità. Sappiamo che nelle lingue ebraica, greca e latina il vocabolo usato a indicare lo «Spirito», può servire a designare sia il fenomeno naturale del «vento che soffia» (alito, respiro), come pure il misterioso mondo del divino: Dio usa manifestarsi nel simbolismo degli avvenimenti. Questo è ciò che vuol significare anche nel racconto degli Atti l'uso di analogie e similitudini. Non si tratta di un vento vero e proprio, di un fuoco reale e materiale: si tratta di concetti espressi materialmente perché alla nostra intelligenza sia dato di comprendere - come all'autore di esprimere - ciò che lo Spirito ha di indescrivibile. 

Infine, anche se il fragore come di vento impetuoso e le lingue come di fuoco non costituiscono dei fatti reali, esse appartengono al mezzo espressivo, sia per sottolineare la contrapposizione al Sinai, sia per illustrare l'efficacia del dono dello Spirito. Gli esegeti sono per lo più concordi su questa seconda interpretazione. «Non si tratta di un vento vero e proprio, di un fuoco reale e materiale, perché alla nostra intelligenza sia dato di comprendere - come all'autore di esprimere - ciò che lo Spirito ha di indescrivibile. Da quel fuoco, simbolo della vitalità di Dio e del suo fulgore, si staccano singole lingue luminose, per significare che ciascuno riceve la rivelazione dell'unico Spirito nella maniera che gli è propria». Anche Paolo, parlando dei carismi dello Spirito Santo (Cfr. 1Cor 12,4ss), spiega e giustifica lo stesso fatto. Questo Spirito, già promesso da Gesù, guida e riempie ora la parola e l'azione dei discepoli. 

v. 4 - Tutti furono riempiti di Spirito Santo

Personaggi ripieni di Spirito Santo appaiono fin dall'inizio dell'opera lucana: essi sono insieme gratificati di un dono profetico. Tuttavia la pienezza di Spirito che ricevono gli apostoli in At 2,4 ha una posizione di privilegio. È l'effusione che segna l'inizio del tempo della Chiesa, quella preannunciata più volte da Gesù e connessa con la testimonianza (Lc 24,48; At 1,4; 1,8). Nel seguito degli Atti questo evento sarà richiamato come principio di discernimento per simili fenomeni che si manifestano in occasione della predicazione ai pagani: At 10,44-47; 11,15-17; 15,8.
Questo versetto 4 dice in poche parole l'essenziale. Il fatto primario, fondamentale, è che gli apostoli sono «riempiti di Spirito Santo». È questa un'espressione propria di Luca, in quanto egli l'ha applicata, in una specie di anticipazione della Pentecoste, agli eroi dei racconti dell'infanzia: Giovanni il Battista (Lc 1,15), Elisabetta (Lc 1,41), Zaccaria (Lc 1,67); e naturalmente a Gesù dopo il suo battesimo (Lc 4,1). La ripeterà a proposito di Pietro, dei credenti riuniti, di Stefano, di Barnaba e di Saulo-Paolo, infine dei pagani convertiti, ogni volta in occasione di avvenimenti eccezionali (At 4,8.31; 6,5; 7,55; 9,17; 13,9;11,24; 13,9.52). 

Il fatto del riempimento dello Spirito ha come segno esterno il carisma delle lingue. Questa espressione solleva qualche problema. Molti esegeti concordano oggi nel ritenere che l'avvenimento originario della Pentecoste, presentato dal racconto così come ci è pervenuto, fosse un fenomeno di glossolalia o «parlare in lingue», simile a quello che, come vedremo in At 10,46, accompagnò il dono dello Spirito ai pagani in casa di Cornelio. È una manifestazione dello Spirito molto apprezzata soprattutto nella Chiesa di Corinto e di cui Paolo tratta ampiamente nella Prima lettera alla comunità di Corinto (1Cor 14). È una lingua strana, estatica, mediante la quale il credente posseduto dallo Spirito loda Dio in un linguaggio che gli altri non capiscono e che ha dunque bisogno di essere interpretato. Alcuni elementi nel seguito del nostro racconto concordano abbastanza bene con questa ipotesi secondo la quale l'esperienza fondatrice del dono dello Spirito sarebbe stata spettacolarmente accompagnata da una manifestazione di glossolalia collettiva.
Anche se si hanno diverse interpretazioni circa questo fenomeno, è pur sempre vero che nel nostro contesto Luca insiste sulla intelligibilità di queste lingue (vv. 6.8-11). Si tratterebbe quindi piuttosto del dono di esprimersi profeticamente con canti ispirati, sul tipo del «Magnificat» (Lc 1,46-49; Ap 15,3) in lingue diverse, o almeno con la capacità data ai presenti di intenderli nella propria lingua. 

Ma il testo finale che leggiamo vuol dire qualcos'altro, perché non senza ragione Luca scrive «parlare in altre lingue», ossia in lingue straniere identificabili. Egli reinterpreta così l'avvenimento per mostrare quel che era in germe fin dal primo momento nella vita della Chiesa: per lui, il miracolo di Pentecoste è un segno dell'universalismo del vangelo, che genti di ogni lingua possono ricevere e comprendere. Esso mette fine simbolicamente alla situazione raffigurata dal racconto della torre di Babele (Gen 11) in cui la confusione delle lingue fu un segno della divisione dell'umanità.


MEDITAZIONE
Durante i prossimi giorni metti la tua vita in relazione con il testo che hai letto. È la tua rilettura allo scopo di ascoltare cosa il Signore dice a te in questo periodo o situazione della vita, cosa dice allo sviluppo della tua persona, cosa suggerisce per le tue relazioni. Lui ti consola, ti esorta, ti orienta e ti rallegra dentro il cammino della Chiesa del Risorto.

Spunti per la riflessione personale

1.
Il giorno della Pentecoste segna la vita dei discepoli del Risorto. Quale ricordo ho del giorno in cui lo Spirito di Gesù è sceso su di me? Nonostante i problemi della vita, come ho vissuto questo dono di Dio? In che modo il dono dello Spirito mi ha unito di più alla vita della Chiesa?

2.
I presenti nel Cenacolo videro che il fuoco si divideva in lingue e si posava su di loro. Ho in me la convinzione che unico è il dono dello Spirito, come unica deve essere la fede dei credenti, nonostante la storia personale di ciascuno? Che cosa faccio affinché le «lingue di fuoco che si separano» ed entrano nella vita dei credenti ritornino ad essere “uno” nella fede della mia Comunità?


Spunti per la riflessione in Famiglia o nel Gruppo

1.
Ad attendere la venuta dello Spirito troviamo riunita nel Cenacolo la Comunità dei discepoli? Con quale stile di vita la nostra Comunità attende ogni giorno lo Spirito? Come aiuta i fratelli e le sorelle ad essere pronti ed accoglienti del dono di Dio? In che cosa oggi dobbiamo migliorare per essere per l’uomo e per le donne “Comunità viva nello Spirito”?

2.
«Tutti furono pieni di Spirito e si misero a parlare in altre lingue». Se frutto dello Spirito è la capacità di parlare le lingue degli uomini, quale lingua parla la nostra Comunità? Come lo Spirito si esprime in noi, all’interno e all’eterno della nostra Comunità? In che modo possiamo parlare al cuore delle persone ed essere per esse “voce di Dio”, “voce dello Spirito”?


PREGHIERA
È il momento di ringraziare Dio per ogni cosa, facendo una preghiera che sgorghi dalla Parola che hai letto e meditato e che ti disponga ad ubbidire alla voce dello Spirito del Signore Risorto.

Vieni, Spirito Consolatore:
tu vedi il nostro smarrimento,
tu conosci la complessità della nostra vita,
la nostra storia tormentata.

Sostieni gli uomini e le donne
che lottano per la giustizia
e che si impegnano per la pace.

Non permettere che l’arroganza
e gli interessi dei potenti
prolunghino ancora a lungo
la sofferenza dei poveri
e l’umiliazione dei deboli.

Vieni, Spirito Consolatore:
soccorri quelli che si sentono soli e sono disperati,
apri il nostro animo alla condivisione
e alla solidarietà.
Incoraggia ogni esperienza di fraternità
e di riconciliazione nella tua Chiesa.

Vieni, Spirito Consolatore:
ricordaci il Vangelo,
la sua limpida bellezza,
la sua forza tranquilla
e donaci la gioia
di accoglierlo ogni giorno. Amen.


IMPEGNO DI VITA CRISTIANA
È il momento di metterti in moto, di agire in conseguenza di quanto hai ascoltato, per produrre nella tua vita frutti di Vangelo.

Alla luce di quanto ci ricorda il capitolo 2 del Libro degli Atti degli Apostoli, riscopri nella tua vita spirituale il dono, il valore e l’opera in te dello Spirito Santo. Ogni volta che ti raccogli in preghiera, vivi alcuni istanti di silenzio invocando su di te, sulle persone a te care, la presenza e l’opera amorevole dello Spirto Santo.
Rifletti, prega e ringrazia!


AUDIO DELLA LECTIO DIVINA 
per richiedere l'audio dell'incontro contattare direttamente sergio.carettoni@gmail.com


FLYER INCONTRO