venerdì 13 marzo 2015

Se lo conosci, lo eviti, ma poi nel perdono lo ami


13 marzo

All’interno della vita di una comunità di fede non sempre le persone sono immuni dal virus del male. Benché sia difficile a credersi, possibile anche tra fratelli e sorelle di fede, nel concreto intreccio delle tante storie personali il male si rende presente come una forza distruttiva, purtroppo, di se stessi e degli altri.
A livello personale, il male inizia a manifestarsi per quello che esso è quando, gradualmente, comincia ad affiorare dal profondo dell’interiorità di un fratello, di una sorella di fede e, dalla sua cova interiore, giorno dopo giorno esso prende forma e visibilità nella vita di costui, con una conseguente ricaduta nella vita degli altri.
A livello comunitario poi, anche se appartenenti a una medesima esperienza di fede, nessuno è immune dal batterio del male altrui, quando esso sinuosamente si accosta alle singole persone fino a condividerne tacitamente parte del loro cammino, per poi tentare l’assalto, prenderne possesso e fagocitare la loro bellezza interiore.
In entrambe le situazioni, personale e comunitaria, la forza del male non è misurabile solo nella sua capacità di colpire e distruggere nei credenti, una dopo l’altra, le loro meravigliose bellezze interiori, quanto nell’astuzia di accerchiare, e gradualmente corrodere, la santità delle anime prese di mira.

Rivestiti ciascuno di abiti propri, la diffusione del male intacca pure quello spessore di verità utile per comprendere la realtà nella quale si sta vivendo. Quante volte ci è capitato di chiederci “In questa storia chi ha ragione? Che cosa è giusto, cosa sbagliato? Chi ha subito e chi ha davvero fatto all’altro del male?”…
Ad un primo e superficiale sguardo il bene viene visto come un male, il vero come un atto di arroganza, la falsità come verità riscossa questa con l’acquisto di consensi, lo stile da compagni di merende diventa l’arma con cui fare fuori le sentinelle del Vangelo. Poi, con il passare del tempo, le cose acquistano un valore diverso; sono illuminate in modo diverso; sono colte e capite in modo diverso rispetto a prima. In una sola frase si potrebbe dire che “il male crea confusione e, nella confusione, esso miete indisturbato vittime a tutti i livelli”. 

Di fronte a questa fatalità la prima forma di difesa è quella di prendere le dovute e lecite distanze da ogni tentacolo del male. Tuttavia, non avrebbe alcun senso questa separazione forzata se non per rimandare ad altra data, più avanti nella vita, a ciascuno i suoi tempi, l’appuntamento del confronto. Evitare chi ci ha fatto del male serve solo per diventare inizialmente più forti di lui, e del male subito, per affrontare a tempo opportuno la verità degli sguardi. Vittime a loro volta del male, chi ha agito in modo da ferire la sensibilità altrui, ha pur sempre bisogno di essere guardata come persona, in profondità, oltre i limiti dei suoi errori e dei suoi difetti di vita, per essere aiutata a decidere come vivere la sua vita. 

Al di là dell’esperienza del male fatta sulla propria pelle, un po’ tutti abbiamo bisogno che qualcuno guardi la nostra vita e la percepisca grande e bella fino ad insegnarci a ri-guardare, a nostra volta, la nostra vita e, da dentro noi stessi, considerare il mondo fuori come la cosa più bella che abbiamo tutti per vivere nella gioia la nostra storia. 

Corroborati dalla forza della fede e della preghiera nel Signore Gesù, colui che più di tutti ha avuto sguardi d’amore pur nella prova lancinante del male e della morte, su tutto e su tutti è da invocare allora il dono della pace del cuore, perché insieme ci sia dato di scoprire il valore della misericordia e della vita fraterna.