giovedì 26 marzo 2015

Anche il deserto può diventare una strada

26 marzo


Età di mezzo, o meglio, in una terra di mezzo, quella della vita, tra l’essere stati adolescenti e, due gradini più avanti, l’essere non ancora del tutto diventati adulti, il mondo dei giovani si arricchisce di un nuovo gruppo di personaggi quasi misteriosi, i giovani adulti.
È una fase della vita, quella di un giovane adulto, in cui la persona non ha ancora assunto appieno il suo posto, il suo ruolo, in generale in seno alla società, in particolare nella storia del proprio paese. Certo non per colpa loro. Comunque sia, per non si sa quale mistero, i giovani adulti si trovano bloccati al centro del crocevia della confusione delle relazioni: là dove sono considerati sempre troppo giovani dal mondo degli adulti; là dove, dall’opposto mondo dei ragazzi, sono visti già grandi, “già vecchi”.

Ritenuti “non più e non ancora”, non più adolescenti, non ancora adulti, sta di fatto che ci troviamo di fronte al problema di una loro non chiara identità all’interno del vissuto relazionale in cui essi vivo. E non è solo questione di immagine sociale. Il problema di un’identità non ben precisabile genera di conseguenza in loro anche un rallentamento nell’impegno che essi ci dovrebbero mettere per raggiungere alcuni traguardi legati all’età adulta. Non è raro il caso concreto in cui, in determinate situazioni e problemi della vita, alcuni di loro non si dimostrino adulti e responsabili, persone all’altezza della situazione in cui si sono venuti a trovare. È tutta colpa loro? Non credo.

Un luogo di non chiara identità personale, affettiva e professionale porta alla tentazione del ripiegamento su se stessi, a non credere più fermamente e con altrettanta tenacia nelle proprie potenzialità e capacità personali; gradualmente li porta ad optare per scelte di presenza sociale senza che esse chiedano troppa fatica e sudore… tutto all’insegna di un noioso pensiero: “Chi te lo fa fare? Tanto, non ne vale la pena”.

Anche a livello spirituale, all’interno di una comunità cristiana in cui l’appartenenza ad essa dei giovani adulti spesso non è ricambiata con un’adeguata attenzione al loro disagio esistenziale, anche a livello di fede è possibile che essi non abbiano più ben chiaro il punto di partenza, il cammino da compiere, il punto di arrivo del loro spirito interiore. Soprattutto, alla luce di quello che stanno vivendo in prima persona, non hanno la benché mini idea di come approcciarsi alla figura e al messaggio di Gesù, così come in che modo prendersi curare della propria relazione con lui.

Un certo livello di auto-isolamento, proprio in questa loro fase di vita, è quasi fisiologico, naturale, fino a scoprire che una, più o meno grave, forma di emarginazione sociale altro non è che un campanello di allarme. C’è il pericolo che i giovani adulti cedano alla tentazione di chiudersi ancora di più nella loro solitudine mentale e affettiva, il pericolo del deserto nell’Io.

Dando l’esempio di come una comunità di fede debba avere il coraggio di cercare e di intercettare i giovani adulti, per dialogare con essi su domande che abbiano a che fare con la concretezza della vita, Gesù insegna che i deserti del cuore umano esistono, eccome. Lui stesso li ha esplorati e percorsi nelle persone che lo hanno cercato e incontrato. Non sempre però quest’ultime hanno corrisposto con slancio alla sua passione per l’uomo, accogliendo e camminando all’interno della proposta evangelica della sua compagnia.

Ma di deserti nella vita delle persone ce ne sono molti di meno rispetto a quelli che, pessimisticamente, saremmo portati a immaginare. Al di là delle convinzioni religiose della singola persona, lo Spirito santo, alito dell’amore di Dio, agisce comunque e indistintamente in tutti e per tutti. Anche nel silenzio delle parole umane lo Spirito usa il linguaggio di Dio, dimostrando l’attenzione dell’ascolto, la prossimità della consolazione, la fiducia dell’incoraggiamento, l’amore per la risurrezione di ciascuno. Per questo, nel momento critico della vita di una persona, anche il deserto può diventare una strada, perché in esso non c’è l’assenza di Dio, ma la certezza di una via da percorrere, Gesù.