alla sera del giorno
05.03.2018
Respirare a pieni polmoni i profumi della sera non è facile. C’è sempre un qualcosa di non ben chiaro, un problema, una difficoltà, magari anche un errore paralizzante, insomma, un imprevisto, che alla fine impedisce di accogliere in se stessi la pienezza vitale dell’armonia circostante.
Il respiro resta a metà, se non addirittura a tre quarti, e ancora di più si acuisce in ciascuno il bisogno primario di rintracciare in se stessi quel sentiero di estrema intimità, il solo che possa condurre a intercettare la via della pace: pace con se stessi, pace con l’amorevolezza di Dio e con il battito buono del mondo intero.
Ma più di ogni altra cosa, a sera il bisogno è quello di rientrare nelle pieghe della propria solitudine, trovare in esse quel luogo appartato, intimo a noi stessi, il solo che ci destrutturi da ogni fugace illusione e ci aiuti a rivestici della bellezza impareggiabile della nostra nudità.
Di quanta solitudine, Signore, sentiamo di essere mendicanti. Non è poi tanta la nostra fretta di rituffarci nella sciocca solitudine dell’isolamento, del fuggire dall’impetuosità delle onde oscure della vita, dell’evasione dalle variopinte tonalità della vita di tutti i giorni.
La solitudine che chiediamo di farci dono è quella, Signore, abitata dal mistero eloquente del silenzio: silenzio dentro e attorno a noi, in ogni dimensione dei nostri respiri, perché il nostro spirito, tremolante come un lume a sera, possa via via elevarsi alle altezze del tuo Silenzio, a te, al tenero abbraccio del tuo amorevole, infinito, Spirito.