alla sera del giorno
01.03.2018
Emozioni e sentimenti non sono vibrazioni di un fuggevole istante. Hanno entrambi capacità di memoria, la lucidità di fissare, in modo indelebile, sullo schermo del proprio vissuto personale, ogni frammento di vita.
C’è un distinguo da fare, però, qualcosa di molto preciso da non lasciarsi scivolare addosso, sfuggire di mano, da non perdere per nessuna cosa al mondo: ritrovare a sera la memoria della propria gioia.
Se è più che naturale che durante l’arco di una giornata infinite situazioni, le più diverse tra loro, ci attraversino e ci strattonino di qua e di là, magari facendoci giungere alle porte della sera con mille confusioni in testa; non è altrettanto logico consegnare alle porte della notte quel qualcosa di se stessi di così irrinunciabile, di così unico e prezioso, con il rischio che non ritorni mai più.
Una cosa fra tutte non possiamo vederci portare via, infagottata dalla sinuosità del Nulla, proprio la memoria della nostra gioia. È la gioia di ciò che ci fa guardare ogni istante verso dimensioni di cielo, in direzione di orizzonti di armonia e di serenità sempre ritrovata anche dopo esserci sbucciati le ginocchia della vita, respiro di speranza perché ad ogni passo in noi non muoia il ricordo e il sogno di qualcosa di piccolo e di grande, l’amore.
Con l’amorevolezza delle tue dita tieni tu ben saldi, Signore, i fili colorati delle nostre storie di vita. Intrecciali pure tra loro, ricavane una corda di continuità tra terra e cielo, anche un disegno, il tuo, ma aiutaci a non disperdere nulla della nostra vita. Come ci sforziamo di fare noi, anche tu ricordati che ci siamo anche noi nella memoria della tua gioia, tu, il Signore delle nostre vite.