venerdì 30 marzo 2018

Dalle altezze agli abissi di Dio

alla sera del giorno
30.03.2018

Il passaggio è chiaro, un nuovo varco da oltrepassare, forse uno degli ultimi guadi da affrontare e da superare lungo il sentiero del proprio viaggio. C’è chi nell’impresa vi riesce con molta naturalezza, chi invece arranca ad ogni passo, chi non si fida dell’oggi e del domani, perché tutto gli sembra oscuro, più misterioso che facilmente intuibile.
Lungo la via dello spirito il cammino non comporta solo un ascendere alle altezze di Dio, ma anche uno scendere e un accogliere Dio nelle dimensioni più profonde della propria storia personale. E tutto avviene, più di ogni altro luogo, nel deserto interiore di ciascuno, metafora esso anche di quel mare e di quell’abisso che in noi convivono insieme da sempre e che, unititi ai paesaggi pianeggianti e montuosi delle nostre originali personalità, vanno a formare il luogo in cui giochiamo la verità di noi stessi e della nostra esperienza di uomini e di donne.
L’idea che attende di essere abbracciata da ciascuno è quella dell’immersione totale di se stessi, l’inabissamento di ogni aspetto del proprio esistere nel mistero della vita che a ciascuno è data da vivere, in un mistero ancora più immenso, più grande di qualsiasi altra persona.
Tuttavia, l’inabissamento di noi stessi nel mistero della nostra esistenza non comporta il nostro sparire per sempre al crocevia della storia, semmai il nostro ritrovarci uniti in Dio. Certo, è una visione di fede questa, su una di quelle esperienze più toccanti dell’esistenza umana che ha a che fare con il senso del limite ultimo, il proprio graduale dileguarsi e sparire dalla scena del mondo.
Come nelle ore della tua passione, Signore, anche noi sentiamo la forza trascinante di un bisogno di compagnia, il bisogno di inabissarci in una paternità con cui trovare il modo di resistere ai deserti contemporanei, ai luoghi della non presenza dello spirito di Dio stesso.
Se da una parte il deserto in noi implica il nostro distacco dalle persone e dalle cose – non per disprezzo, ma per recuperare una distanza contemplativa necessaria per non fare che persone e cose diventino i nostri idoli –, viceversa, è necessario che tu ci insegni, Signore, a prendere distanza da ogni realtà che ci circonda per imparare a guardare tutto con estasiato piacere per la sua bellezza.
Godere della bellezza delle persone e delle cose senza la frenesia del loro consumo, senza la brama di possederle, è quello che ti abbiamo visto fare fino all’ultimo tuo respiro. Il tuo deserto, Signore, ci insegna la distanza contemplativa, per ritrovare in noi Dio e la bellezza dei suoi doni.