10 gennaio
Dai, lo dobbiamo ammettere, a nulla servono i nostri occhi su Gesù se, una frazione di secondo più tardi, già volgiamo il nostro sguardo altrove, su ciò che ha colpito immediatamente dopo la nostra attenzione.
Il coraggio di stare con Gesù, il coraggio di accogliere e di vivere il suo Vangelo si gioca tutto nella fermezza del cuore e della mente; nella nostra caparbia volontà, cioè, di non lasciarci portare via da lui, da niente e da nessuno.
Il coraggio di stare con Gesù, il coraggio di accogliere e di vivere il suo Vangelo si gioca tutto nella fermezza del cuore e della mente; nella nostra caparbia volontà, cioè, di non lasciarci portare via da lui, da niente e da nessuno.
E benché il mondo, mestiere suo, ci assedi incessantemente con le sue scontate lusinghe, tentazioni contro la nostra scoperta della sorgente dell’amore, i nostri occhi restano fissi su di lui, su Gesù. Come potrebbe essere altrimenti? Passo dopo passo, alla fine abbiamo capito che è proprio lui il Maestro della nostra vita, l’amico e la passione della nostra storia di infinito, di amicizia e di amore con Dio.
Nonostante l’incrocio di mille sguardi, i nostri occhi restano allora inchiodati su di lui, fino al punto da dirgli con confidenza: «Gesù ho smesso di guardarti di tanto in tanto. Da oggi ho deciso di fissare su di te gli occhi della mia vita, perché sei tu la méta del mio esistere».
Nonostante l’incrocio di mille sguardi, i nostri occhi restano allora inchiodati su di lui, fino al punto da dirgli con confidenza: «Gesù ho smesso di guardarti di tanto in tanto. Da oggi ho deciso di fissare su di te gli occhi della mia vita, perché sei tu la méta del mio esistere».