lunedì 30 aprile 2018

Preghiera, solitudine ed equilibrio mentale

alla sera del giorno
30.04.2018

Quella che pensiamo essere nella vita di tutti i giorni l’esperienza più svantaggiosa e sofferta che ci possa cadere addosso, nella preghiera invece la solitudine è una situazione quanto mai positiva e, il più delle volte, necessaria per aiutarci a rigenerare, fino nel profondo di noi stessi, il nostro intimissimo equilibrio mentale e affettivo.
Armonizzare il nostro spirito, neutralizzare il groviglio dei pensieri e delle tensioni, quietare l’andirivieni delle parole, raffreddare il ribollire interiore ed esteriore delle battaglie in corso, così come prenderci cura delle nostre paure, delle angosce, delle sofferenze e delle inquietudini è proprio il risultato di un ritrovato e benedetto dialogo con noi stessi e con la dimensione spirituale del nostro esistere.
Certo, un tempo adeguato alla nostra preghiera in solitudine è da cercare tra le mille cose del giorno, uno spazio personale da dedicare con coraggio al raccoglimento di noi stessi in un luogo tranquillo, silenzioso, evocativo di quella che è la via dello Spirito tracciata sulla pelle di ogni essere umano, in coloro che ci hanno preceduto, in chi ora è nostro compagno di strada, in chi un giorno seguirà le nostre orme.
Senza escludere l’importanza della preghiera comunitaria, condivisa dentro un’esperienza fraterna e allargata di Chiesa, è necessario che la solitudine, di cui avvertiamo il bisogno rigenerante, sia orientata ed educata secondo la dimensione del Cielo, così come Gesù ce ne ha dato più volte l’esempio suo personale.
Per pregare da soli non basta mettere in atto una serie di tecniche di rilassamento corporeo e mentale, un rallentamento calcolato dei battiti del cuore e della vita, una forza di respingimento di qualsiasi pensiero disordinato, la tenace e costante determinazione a fare in modo che le preoccupazioni non invadano anche la nostra relazione con Dio. Per pregare da soli occorre trovarsi proprio da soli dinanzi a Dio, a colui che ha sempre fatto della solitudine dell’uomo e della donna lo spazio e il tempo della sua presenza.
Mettendoci in preghiera davanti a te, Signore, sentiamo crescere in noi l’amore per la nostra intima solitudine che in questo momento ci circonda esteriormente e che interiormente, se abitata da te, ci libera dai mille impacci della vita. Sciolti dalle catene di ogni umana prigione, eccoci disposti ad abbracciare un atteggiamento molto più ricettivo di te e del tuo respiro in noi, Signore, fino a contemplare in modo estasiato il luminoso emergere da noi stessi dei sentimenti più puri del nostro abbandono confidente a te.
Senza imporre nulla al cuore e alla mente, lasciando che in noi i pensieri fluiscano sereni a te, Signore, tutto in te diventa per noi prova di consolazione, di ritrovata passione per il tuo amore per noi, di delicata certezza che la tua gioia è gioia di presenza e di compagnia, la tua per sempre in noi.

domenica 29 aprile 2018

Ci basta un secondo solo, per una certezza infinita

alla sera del giorno
29.04.2018

Fosse solo questione di ottimismo e di pessimismo, di fiducia e di sfiducia, di entusiasmo e di allegria, di un numero interminabile di sinonimi e dei loro prestabiliti contrari per imparare a prendere bene le misure con la temperatura della Terra e con la leggerezza del Cielo che insieme convivono ogni giorno dentro di noi.
A piedi nudi, così come ad anime nude, giusto per sentire l’autenticità di tutte le vibrazioni che riaccendono in noi il senso della vita, ci basta un secondo per rientrare in contatto con la pelle del cuore e con quella, ancora più tenue, della mente.
Là dove i pensieri e le emozioni possono dondolare sull’altalena della più candida euforia, così come del catastrofismo in cui talvolta ricadiamo, il vento dei giorni che passano ci fa avvertire il trascorrere con esso dell’intera nostra esistenza.
Può sparire ogni cosa nella vita, quello che  seminiamo e raccogliamo giorno dopo giorno, possono scolorire le più belle emozioni che abbiamo attraversato per anni, possono svanire anche i sogni e i desideri che da molto tempo accarezziamo e coccoliamo nel segreto di noi stessi.
Soprattutto, possono uscire dalla scena della nostra vita proprio quelle persone che, fra tutti coloro che abbiamo incrociato per via, abbiamo permesso loro di abitare le stanze della nostra interiorità, e con esse svanire la memoria del cuore e i colori delle loro immagini nella nostra mente.
Non c’è vera poesia senza la compagnia delle lacrime, senza l’emozione profonda di un pensiero, senza il rintocco ovattato della campana della nostalgia... e la commozione diventa intensa quando alla poesia, a una lacrima, a un’emozione, alla nostalgia associamo un volto, un nome, un pezzo del nostro cuore, ora in tasca a una persona che non è più qui con noi.
Eppure... la vita può restare ancora viva in noi, anche se più povera, anche se ora nuda e sola di giorni non più condivisi come un tempo con altre persone; una vita avvolta tuttavia dal mistero di una vita ancora più grande, che Qualcuno ci offre amorevolmente e che tutto in essa possiamo raccoglie di quanto di più umano è rimasto ancora in noi.
Se da una parte è presente in noi l’essenza profonda di te, il tuo amore, Signore, ora accresci in noi la consapevolezza che il mondo in cui viviamo è un riflesso buono della tua perfezione e della tua sapienza di creatore. Se tu ne sei coinvolto anche l’insieme delle nostre storie personali può uscire dal groviglio degli avvenimenti accidentali ed essere l’interazione provvidenziale tra il tuo progetto e la nostra libertà umana. Solo così potremo recuperare la coscienza che davvero noi siamo la tua immagine vivente, Signore, persone capaci di stare a dialogare con te pur nella libertà del nostro pensare e del nostro amare.
Nel ritmo della nostra preghiera non possiamo non fare memoria, non possiamo non ringraziarti per il dono che tu ci hai offerto di dignità e di grandezza, le nostre Signore, proprio attraverso la tua incarnazione, il tuo esserti fatto cioè uno di noi; non possiamo non elevarti la nostra lode per il tuo avere attraversato per noi il varco della passione, della morte e della risurrezione.
Aiutaci a mantenere costantemente in noi la certezza che la tua risurrezione costituisce il trionfo assoluto del positivo tuo e nostro su qualsiasi realtà negativa, a te e a noi avversa, per te e per noi esperienza di smarrimento e di morte.
Donaci un secondo solo, Signore, uno solo, davvero ce ne basta anche solo uno, per essere certi che la memoria dei nostri cuori non sbaglia a ricordare il colore degli occhi delle persone che abbiamo amato e che tu già stringi a te, vivi con te, così come vivi sono dentro e accanto a noi, perché non ci sentiamo soli in questo viaggio della vita.

sabato 28 aprile 2018

Non è tutto, nella preghiera c’è dell’altro

alla sera del giorno
28.04.2018

Attratti più che mai dalle vicende di ogni giorno, lo stile è sempre quello di cercare tra i frammenti del mondo che ci circonda ciò che manca al raggiungimento della nostra felicità piena.
Per alcuni è una fatica normale, la ricerca e il ritrovamento del pezzo mancante, che prima o poi premierà la costanza di quanti non hanno mollato il cammino di perfezionamento delle proprie umane capacità; per altri invece si tratta di uno sbaglio madornale, il solito errore, quello commesso da chi non si accontenta mai dei risultati conseguiti nella ferialità di tutti i giorni, l’errore di continuare a puntare al superamento di se stessi e del tutto. Per alcuni, in verità poche persone, tutto si gioca ad un livello e ad una dimensione che sanno più di Cielo che di Terra, la dimensione e la via dello Spirito.
Nella preghiera, ancora una volta e ad ogni volta, non si dà ragione a una parte di noi stessi contro l’altra, alla tensione del perfezionamento della propria vita oppure allo spirito dell’accontentarsi di ciò che già è presente nella nostra stessa storia, alla dimensione terrena del proprio esistere o alla tensione spirituale del proprio viaggio verso il Cielo.
Nella preghiera tutto in noi s’intreccia e si lega al bisogno profondo che avvertiamo di armonia, di serenità, di pace, di quiete e d’immersione nell’Infinito di Dio. Gli stessi sentimenti, educati ad imboccare via via il sentiero evangelico della perfezione, gradualmente ci aiutano a giungere a un buon grado di ottimismo esistenziale e ad un atteggiamento mentale e affettivo decisamente positivo.
Aiutaci tu, Signore, a sostare alla tua presenza, affinché le nostre menti e i nostri cuori si aprano fiduciosamente alla bellezza del mondo, al significato pieno e positivo delle nostre storie personali. Quanti incontreremo lungo il nostro viaggio, le cose che ci capiteranno quotidianamente, i momenti di entusiasmo insieme a quelli di abbattimento, gli altri e bassi delle future ore del giorno… con te in noi tutto acquisterà un senso nuovo e una dimensione altrettanto nuova, una dimensione di te.
In ogni frangente tu ci parli, tu ci invii una proposta di relazione amorevole con te, e a noi lasci il tempo e il modo di trovare la via del ritorno a te, il nostro rispondere alla delicatezza del tuo amore. Quanto è vero che nell’esperienza della preghiera tu ci offri la possibilità di guarire integralmente le nostre storie di vita, una radicale terapia dell’anima, perché tu sei pur sempre, e tale resti, il medico delle nostre anime.

venerdì 27 aprile 2018

Nella preghiera si riparte sempre da dove si è arrivati

alla sera del giorni
27.04.2018

Anche se non ce ne accorgiamo ben bene, proprio nello stesso tempo in cui le stiamo vivendo a pelle, di solito le fughe nella vita diventano un pellegrinaggio di giorni e di luoghi esistenziali, che ogni volta si precisano in tappe e passaggi qua e là della nostra storia personale, punti colorati da riportare e da evidenziare sulla mappa del terreno della fiducia.
In certi momenti della vita, proprio quando ci tuffiamo dentro le pieghe più oscure di alcune giornate, è quanto mai difficile affrontare e superare l’esercizio dell’abbandono fiducioso di se stessi nelle mani di Dio. Benché l’esperienza sia affascinante, è difficile restare oltremodo in piedi, saldi nella propria convinzione di fede, la sola che ci insegna che ogni esperienza, ogni fatto, ogni avvenimento nella vita, per quanto faticoso da comprendere e da accettare, per la via del bene, talvolta anche per la via del male, tutto è orientato e finalizzato a farci raggiungere un giorno la pienezza della nostra gioia.
L’immersione nel fiume della preghiera, accettando di lasciarci trasportare dalla corrente dell’azione trasformante dello Spirito di Dio, ci aiuta a restare intimamente e familiarmente a colloquio con la sua amorevolezza di Padre dei Cieli, fino ad avvertire in noi il nascere della gioia dell’amore, la convinzione che proprio Dio possiede e dispone ogni cosa nella nostra vita, e tutte le cose per il nostro bene fisico, psichico e spirituale.
La preghiera ci aiuta a sentire vitalmente presente in noi la forza dell’amore, la possibilità che la nostra relazione con Dio altro non sia che il nostro respirare incessantemente lui. Nella scoperta di come quest’avventura spirituale ci faccia sentire agli occhi di Dio compresi, valorizzati, rilevanti, ecco che parimenti ne abbiamo la prova che lui stesso ci ha pensati, amati e quindi chiamati alla vita del mondo e dello Spirito.
Com’è importante capire, Signore, che proprio restando ancorati a te, non ci smarriremo mai, anche se il cammino della nostra vita a volte sarà lungo, faticoso e incerto. Com’è vero che se manterremo viva e appassionata in noi la voglia di non indietreggiare, allora sempre di più avanzeremo per la via dei sentieri del tuo amore.
Infondici tu, Signore, il coraggio della fede, per potere ogni volta ripartire dal luogo dove abbiamo sostato a colloquio con te, costantemente tu accanto a noi, ogni giorno noi docili alla luce e alla guida della preghiera, condotti a te dalla nostra fiducia in te, fino al nostro abbandono tra le braccia del tuo amore.

giovedì 26 aprile 2018

Nulla è più caro della propria patria

alla sera del giorno
26.04.2018

È ad essa che ritorniamo spesso con il pensiero, alla nostra patria, a quel senso cioè di casa che abbiamo nel cuore e che di tanto in tanto riaffiora alla mente, soprattutto quando meno ce lo aspettiamo. Non si tratta di un risveglio improvviso a un senso generico di affetti ma, a un vago ricordo del passato si contrappone sempre un profumo di casa, il proprio, di paese, di città e di vie, quelle che abbiamo solcato fin dai primi passi del nostro pellegrinare.
Via via ritornano alla luce della mente i volti e i nomi di persone ormai andate per altre strade, così come i ricordi di giorni e di esperienze custoditi tutti da molto tempo. Al pensiero della patria in noi s’illuminano piccoli frammenti di un viaggio in parte già alle spalle ma ancora tutto da portare a termine; punti rossi da ricordare, o da raggiungere presto, sparsi qua e là, colorati sulla mappa del nostro percorso di vita, prima che alle porte di questo giorno ci colgano ancora una volta le ombre della sera.
Ha ragione il greco Teognide ad affermare che “nulla è più caro della propria patria”, perché la patria è dentro di noi, un mondo abitato anzitutto dai nostri respiri, dai nostri sogni, così come dai ricordi catalogati per buoni o per cattivi. E non si tratta solo della patria del passato, bensì del presente e del futuro, con tutto ciò che in essa ogni giorno nasce e cresce, vive e muore con il succedersi dei propri passi.
Invisibile a tutti, ma ben visibile agli occhi della nostra mente, muta per molti, ma ben chiassosa dentro e lungo le vie di noi stessi, la propria patria è inverata e sublimata dalla forza santificante della preghiera, quel colloquio intimissimo con Dio che ci fa ricordare luoghi abitati un tempo, benedire luoghi che sono i metri quadrati dentro i quali oggi muoviamo i passi del nostro esistere; una preghiera colorata dal desiderio di raggiungere un giorno la patria del Cielo, là dove ciascuno ritroverà se stesso e gli altri, un mondo eterno di relazioni passate, presenti e future.
Anche tu, Signore, hai fatto ritorno alla tua patria, con i piedi, con il pensiero, con le emozioni del cuore e, soprattutto, con i sospiri della tua preghiera. Insegnaci tu a valorizzare il ricordo di quello che già si trova alle nostre spalle, quello che ora ci portiamo dentro come una casa con le ruote, gli affetti più cari, i sentimenti ancora pulsanti, le carezze del bene e i graffi del male.
E quando ci sentiamo uomini e donne erranti, senza più fissa dimora, apolidi per scelta o per forza, accoglici tu, Signore, tra le pagine del tuo Vangelo, affinché possiamo trovare in esso un luogo da abitare, una patria dove sentirci accolti, amati e vivificati, riconosciuti non più stranieri, ma figli e figlie della tua amorevole paternità.

martedì 24 aprile 2018

La bellezza è negli occhi di chi prega

alla sera del giorno
24.04.2018

Magari ci fossero ogni volta le condizioni ideali per avere sempre in tasca la garanzia certa del buon successo della propria preghiera. Da mattina a sera, e da sera a mattina, la giornata è così piena d’imprevisti e di variabili di umore che, anche qualora si preveda un certo spazio di serenità, non è mai possibile avere la certezza e quindi potere reclamare, al momento opportuno, il mantenimento delle promesse ricevute da altri.
Come spesso accade, basta un contrattempo, un imprevisto, per catturare all’ultimo minuto tutta l’attenzione e l’emozione che abbiamo di riserva, a fronte di qualcosa che si impone e che inizia a rivendicare la sua priorità. E di priorità in priorità, c’è sempre un motivo, talvolta anche una scusa, per non vivere mai appieno una tranquilla vita di preghiera, una preghiera più che allenata a vivificare il cammino della propria storia personale.
Tuttavia, a onore del vero, anche se all’orizzonte dei nostri sguardi si profila un velo di grigio, la subdola tentazione di negativizzare ogni frammento della nostra realtà umana, il valore della bellezza non è più da cercare al di fuori del proprio vissuto, magari addirittura fuori del senso della ragione e del cuore della propria fede. La bellezza è negli occhi di chi prega, cioè in colui che guarda alla sua vita, alla vita delle altre persone con una intensità di penetrazione propria e tipica degli amici di Dio. Ciò che rallegra il cuore è la scoperta del valore e della vastità del bene attorno, e in questo viaggio di positività la preghiera è lampada ai propri passi e luce sul proprio cammino.
Quanto è bello, Signore, quando ci aiuti a passare da un’idea generica di Dio all’incontro con te, il Dio dentro, all’amorevolezza della tua persona, ai tuoi occhi che, se da una parte vedono molte cose di noi, hanno sempre per noi uno sguardo di misericordia e di benevolenza.
Noi ci mettiamo in gioco con te e per te, Signore, ritrovando nella nostra preghiera quotidiana il coraggio, il coinvolgimento della musica delle corde dei nostri cuori; la passione di smettere di stare con un maestro accanto, ma molto di più con un Maestro dentro, con te, che ci parli e ci accompagni in questo nostro viaggio interiore di Cielo.
E la gioia degli occhi diventa la gioia dei piedi, la gioia delle mani e delle braccia, la gioia dei cuori che finalmente s’incontrano tra loro, perché in ciascuno ci sei sostanzialmente tu.

giovedì 19 aprile 2018

Nella preghiera le domande si trasformano in sentieri

alla sera del giorno
19.04.2018

Se a Dio si chiedesse di rispondere al numero infinito delle nostre domande, dovrebbe usare, oltre che la sua pazienza, l’infinito della sua eternità.
Non è una grande scoperta, ma nel mare delle loro domande le persone ci navigano da sempre, sia nella tranquillità delle onde piatte, sia dentro il vento burrascoso di una tempesta.
Che si tratti di domande a pelle, per considerare il caldo e il freddo della vita, vellutate o ruvide al tatto, domande che hanno a che fare con la materialità della propria esperienza, là dove le misure di se stessi e del mondo si prendono a tre dimensioni, ogni singola domanda diventa l’accenno, l’inizio di un sentiero oltre se stessi, in direzione della verità e dell’amore luminoso di Dio.
Altra cosa sono le domande di senso, quelle che ogni volta partono dal profondo di noi stessi e che cercano l’esatto opposto del nostro esistere, la dimensione più alta possibile della vita, un’altezza di significati e di manifestazioni del nostro abitare la realtà vivente del mondo, così come la dimensione del cielo in una via, in una verità e in una vita oltre la routine di giorno.
L’ultimo atteggiamento della preghiera, il quinto, è costituito dal tempo delle domande, da quelle dentro a quelle fuori di noi, dal di fuori a di dentro dei nostri vissuti; emersione ed immersione di interrogativi che abbracciano la totalità della vita di ciascuno, quella propria, quella degli altri, la storia personale di ogni uomo e di ogni donna.
E tu, Signore, ti siedi, tendi l’orecchio e ascolti le domande di ciascuno. Ti lasci afferrare dall’uncino dei nostri interrogativi, anche se poi, vai a capire perché, senza strattoni rispondi solo ad alcune tra le nostre smisurate richieste.
Mentre prendi con te, Signore, solo le domande per Dio, e a noi lasci le domande per gli uomini, ci fai capire che ti vengono a noia le domande retoriche, filosofiche, culturali, un po’ naif, giusto perché le persone se la tirino un po’. Tu preferisci, Signore, la fisicità dei nostri problemi, la nudità e la ruvidità dei nostri perché, le richieste più sincere e passionali frutto dei nostri spasimi di vita, perché in tutto ciò ritrovi una via da percorrere – il sentiero delle nostre domande – fino ad incontrare la verità e la fragilità dei nostri vissuti.
Ma fra tutte, la domanda più bella, la più intima e familiare è quella quando ciascuno di noi ti rivolge il suo grido e ti dice: “aiutami, Signore”, “non lasciarmi solo”, “soccorrimi tu”. È allora che tu ti tuffi dentro i nostri respiri, per ridare vita, per infondere forza, per ripetere a ciascuno e ancora una volta: “Io sono qui per te”.

Mattia viene eletto apostolo del Risorto

ieri CHIESA OGGI domani
alla riscoperta di Gesù, il Risorto,
vivo dentro la sua Chiesa

Milano, 15.04.2018

INCONTRO - 006
Lectio divina su At 1,15-26


LA SACRA PAGINA
At 1,15-26
15 In quei giorni, le persone radunate erano circa centoventi. Pietro si alzò in mezzo ai fratelli e disse: 16 «Fratelli, era necessario che si realizzasse quello che lo Spirito Santo aveva detto nella Bibbia. Per mezzo di Davide egli aveva parlato di Giuda, che divenne la guida di coloro che arrestarono Gesù. 17 Giuda era uno di noi, e come noi era stato scelto per questa missione.
18 «Con i soldi ricavati dal suo delitto, Giuda comprò un campo e vi ha trovato la morte precipitando a capofitto: il suo corpo si è squarciato e le sue viscere si sono sparse. 19 Il fatto è così noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che quel campo, nella loro lingua, essi lo chiamano Akeldamà, cioè campo del sangue.
20 Ricordate ciò che sta scritto nel libro dei Salmi: “La sua casa diventi un deserto e nessuno più vi abiti”. Sta pure scritto: “il suo incarico lo prenda un altro”. 21-22 È necessario dunque che un altro si unisca a noi per farsi testimone della risurrezione del Signore Gesù. Deve essere uno di quelli che ci hanno accompagnato mentre il Signore Gesù è vissuto con noi, da quando Giovanni predicava e battezzava fino a quando Gesù è stato portato in cielo, mentre era con noi».
23 Vennero allora presentati due uomini: un certo Giuseppe, detto Barsabba, o anche Giusto, e un certo Mattia. 24 Poi pregarono così: «O Signore, tu che conosci il cuore di tutti, facci sapere quale di questi due tu hai scelto. 25 Giuda ci ha lasciati ed è andato al suo destino. Chi di questi due dovrà prendere il suo posto e continuare la missione di apostolo?». 26 Tirarono a sorte, e la scelta cadde su Mattia, che fu aggiunto al gruppo degli undici apostoli.

mercoledì 18 aprile 2018

Nella preghiera diventiamo discepoli dell’esperienza

alla sera del giorno
18.04.2018

Una nota continua, sospesa per aria, rasserenante nella sua melodia, leggera e graziosa nel suo volteggiare, che raccoglie e porta con sé i nostri pensieri, i sospiri della mente e del cuore, è quel tocco di delicatezza di cui avvertiamo il bisogno a sera.
Dopo ore e ore di serrato incedere su e giù per le avventure del giorno, talvolta in armonia con il mondo intero, altre volte con la lancia in resta per difendere ciò che di più unico e raro abbiamo nella vita, quanto si fa urgente in noi, nelle interiori desolazioni e consolazioni del cuore, il desiderio profondo di compassione, di amichevole presenza, di sete e fame di compagnia.
Spesso la solitudine non fa male per la mancanza di una persona, di un amore fino a pochi istanti prima lì presente, seduto di fronte ai nostri occhi, abbracciato al nostro respiro; è solitudine senza tregua la perdita di noi stessi, della luce nei nostri sguardi, della memoria dei nostri sorrisi… una perdita che sospira un ritrovamento.
Per fortuna non sempre, ma ci sono giorni e sere in cui il bisogno è quello della fiducia in noi stessi e di quella di chi ci cammina ancora accanto; bisogno di umana comprensione, di braccia amiche per la libertà che ci regalano nuovamente, di relazioni spoglie della pretesa altrui di esclusività, di attimi silenziosi di misericordia e di ritrovata fraternità con tutti.
È il quarto atteggiamento della preghiera quello della fiducia e del nostro abbandono a Colui che tutto in noi riveste di senso e di calore. Alla scuola delle svariate avventure di vita ci ritroviamo dentro i panni mai laceri del nostro essere sempre discepoli dell’esperienza, così come della speranza e della vita in Dio.
Sì, Signore, abbiamo bisogno di fiducia: anzitutto fiducia in noi stessi, nei sogni e nei desideri che hanno ancora energia e forza per rianimare i nostri pensieri; e fiducia in quello che ci attraversa il cuore e che sentiamo essere vivo in noi, fin nel profondo dei nostri sentimenti e delle nostre emozioni. Abbiamo bisogno di fiducia nella nostra anima, la sola voce che ci parla e ci suggerisce di alzare i nostri sguardi, di cercare i tuoi occhi, la conca del palmo delle tue mani, Signore, per trovare in essi la gioia del ritorno a te.
Se la preghiera ci aiuta ad avere ancora fiducia in noi stessi e nella vita, al ritrovamento dei tuoi occhi e del tuo sorriso, ad uno ad uno non possiamo non dirti “io mi fido di te”. Ma è solo quando giungiamo alle porte della sera che la preghiera accompagna la nostra nota interiore di ritrovata armonia e ci insegna a come rimettere a te, Signore, tutto noi stessi, fino a dirti con amore “io mi abbandono a te”.

martedì 17 aprile 2018

Nella preghiera offrire è legge di cuore

alla sera del giorno
17.04.2018

Non c’è peggiore povertà di quella che a volte regna nel cuore. Non è solo il problema delle persone avare, cioè quanti sono pieni di cupidigia, donne e uomini attaccati in modo disarmante solo ai propri interessi personali, incuranti della vita e della situazione degli altri.
La povertà del cuore è causata anche da una scelta sbagliata di approvvigionamento: l’errore di riempire le borse della nostra storia personale con qualsiasi cosa, senza fare troppa attenzione a che cosa di preciso v’infiliamo dentro. Non è vero che prendere un po’ di tutto alla fine sia la scelta migliore, che l’accumulo di molte cose alla fine ci aiuti davvero ad arricchirci di tante esperienze di vita e di altrettante occasioni di positività.
Quante volte in noi l’attaccamento del pensiero, del cuore e dell’anima non ci ha reso altro che diffidenti, chiusi, egoisti rispetto agli altri e alla generosità dell’intera vita. Quante occasioni di crescita abbiamo sciupato e non abbiamo sfruttato appieno, quando abbiamo incrociato la possibilità di imparare il valore del dono e dell’offerta agli altri di noi stessi. Solo alla fine ce ne siamo accorti che, se siamo fatti per cercare e per trovare amore, non potevamo riempire il nostro cuore di tutto ciò che alla fine ci vergogniamo di ritrovarci dentro.
È importante, invece, alimentare i nostri pensieri, il cuore e l’anima nostra con la sapienza dei giorni, che avremo ancora modo di vivere, e dei valori che semineremo nel campo del nostro stesso esistere. È nella dimensione della semplicità e dell’umanità, due qualità che abbiamo a garanzia della bellezza della nostra vita, che gradualmente possiamo invertire i poli delle nostre relazioni: dal prendere al dare, dal riceve al donare, dal catturare al liberare, da… all’offrire, non solo qualcosa, ma tutto noi stessi.
Offrire è proprio il terzo atteggiamento della preghiera, il verbo che tra tutti meglio ci insegna verso chi – e il perché – orientare i nostri occhi, a chi elevare le nostre mani, affinché sia offerta a Dio la totalità della nostra vita. Se poco prima abbiamo imparato ad accettare la prossimità di Dio, il suo camminarci accanto in ogni situazione della nostra storia personale, quanto diventa manifestazione grande e perfetta della nostra corrispondenza al suo amore, dimostrare che con l’offerta a Dio di ogni nostro pensiero, ciascuna vibrazione del cuore e dell’anima altro non facciamo che chiudere il cerchio dell’amore: da lui a noi, da noi a lui, e con l’intenzione del per sempre.
Tuffandoci nel nostro cuore, Signore, attraverso la forza diuturna della nostra preghiera, ecco che il nostro intimo, segreto, sussurrato dialogo con te, ci aiuta a pescare nel profondo di noi stessi tutto ciò che non può restare sommerso in noi, magari anche sotto una coltre di pattume, ma ogni nostra perla d’inestimabile valore è portata alla luce e alla bellezza dell’amore.
Tu accetti tutto di noi, Signore, un’offerta di noi che comunque è sempre a te gradita, poiché siamo frutto del tuo alito di vita e perché, liberi da ogni attaccamento del cuore, abbiamo imparato a camminare lungo il sentiero del distacco interiore.
Non ci perdiamo più in un sogno, ma ci ritroviamo nella certezza del tuo amore, quando cioè capiamo che tu ci ami, Signore; quando tu non ce lo dici una volta sola, ma quando ce lo ripeti ad ogni passo, ecco che è proprio allora che ci sentiamo pronti a offrirti tutto di noi, pronti a dirti che ogni frammento della nostra vita è “offro a te”, è davvero “per te!”.

lunedì 16 aprile 2018

Nella preghiera si può accettare l’impossibile

alla sera del giorno
16.04.2018

Secondo atteggiamento da prendere in considerazione all’interno della propria preghiera personale è quello molto delicato dell’accettazione. Non si tratta di accettare, di accogliere nella preghiera qualsiasi cosa, situazioni imposte dall’esterno, eventi e programmi dettati da altri, tantomeno un mettere in conto un incarico, un dono, un’eredità spirituale che ci possono piombare addosso senza preavviso.
Normalmente s’inizia ad accettare, a fare cioè proprio, solo quello che si è andati via via conoscendo sempre di più, ciò di cui ci si è anche impratichiti nel tempo del reciproco avvicinamento. Di solito è quello che avviene proprio dentro una storia d’amore, quando lui e lei si accettano all’infinito solo dopo essersi avvicinati a pelle.
Anche nella preghiera il verbo accettare si riveste di pensieri, di emozioni e di sentimenti d’inimmaginabile preziosità. Infatti, non trattandosi d’invasione di campo, di coercizione della volontà, di violenza dell’anima, attraverso lo strumento del dialogo con Dio, cioè la preghiera, ecco che la nostra intenzione di bene e di santità viene colta dalla sua attenzione. Di fronte alla proposta di Dio, affinché ci immergiamo nella vastità del suo amore misericordioso, ecco che non ci resta altro da vivere che acconsentire, fare nostra, accettare appunto, l’occasione di metterci in sintonia con la sua volontà.
È per suo dono, un dono particolare del Cielo, che la preghiera ci insegna a non evadere dalla nostra storia personale, ma a restare ben saldi in essa, mantenendo un equilibrio di fondo nonostante l’impetuosità del vento e il passeggero sconvolgimento di mille situazioni. L’accettazione anche di ciò che non possiamo cambiare è legge di sopravvivenza; e la preghiera ci accompagna a portare avanti e a vivere serenamente la nostra vita.
Quante volte desideriamo, Signore, evadere dalla nostra storia, per iniziare a vivere una realtà migliore rispetto a quella in cui ci siamo venuti a trovare. Quante volte stare a colloquio con te ci aiuta a riflettere su come migliorare concretamente la nostra vita, senza cadere nella tentazione del conformismo e della frustrazione. Niente più guerre contro i mulini a vento, nessun altro sforzo titanico contro realtà immobili e immutabili, non più unitili e dolorose perdite di tempo e di energie, bensì quello che ci pulsa nell’anima è di sentirci da te sostenuti nel coraggio di accettare ogni cosa per vivere serenamente la nostra libertà di figli.
Quanto invece è bello, Signore, quanto ci riempie il cuore di serenità, di pace, a un certo punto anche di gioia piena e profonda, quando riusciamo a dirti il nostro “va bene”! Quando alle tue proposte sappiamo rispondere con i nostri personali “io ci sto”, per dare corso e concretezza in noi ai tuoi sogni, ai tuoi progetti di bene e di amore per noi e, attraverso la nostra disponibilità, progetti di salvezza per gli altri. Accettare il nostro impossibile, accettare il tuo possibile, è dirti con fiducia, Signore, “si compia ciò che desideri”. E tu desideri la nostra gioia!

sabato 14 aprile 2018

Non è evasione ma alito di vita

alla sera del giorno
14.04.2018

Di premesse si vive tutti i giorni e, una volta accolte, grazie ad esse ci si salva con largo anticipo la vita. Darsi due coordinate, anche per ciò che riguarda la propria vita spirituale, non guasta mai, anzi, è più che giusto farlo, soprattutto quando è in gioco la cosa più delicata che umanamente ci portiamo nel cuore: la nostra voglia di parlare con Dio e di stare ogni istante con lui.
La preghiera prende vita e senso se essa viene a collocarsi delicatamente dentro una relazione sincera e carica di affetto tra l’uomo e il suo Dio, fra due persone intelligenti – l’una umana, l’altra divina, con proporzioni diverse ma entrambe fatte di Terra e di Cielo – ; una relazione tra persone libere e capaci di andare ben oltre un lodevole grado di empatia, per tuffarsi reciprocamente in un rapporto di amore vero, intenso, totalmente oblativo.
Più di ogni altro aspetto tipicamente umano, la preghiera si caratterizza per la sua forza e per la sua potenza di condivisione tra il divino e l’umano di sentimenti e di esperienze, di vissuti carichi di passione, ansie, gioie infinite. Così come ci è dato di riuscire a noi uomini, così com’è caratteristico di Dio, nello spazio e nel tempo della preghiera avviene persino quello scambio di doni intimi, personalissimi, unici e irripetibili, confidenze del cuore e della vita, che solo in momenti come questi è possibile donare e ricevere.
È una relazione unica, Signore, la preghiera dentro la quale abbiamo modo di incontrare te e tu noi. L'incrocio dei nostri sguardi, lo svelamento corrisposto dei volti, l’intreccio dei pensieri reciproci, l’annodarsi delle nostre storie affettive non ci fanno evadere dal presente in cui ci troviamo a sostare, ma a ritrovare in esso l’alito caldo della vita.
E la preghiera diventa occasione per imparare ad apprezzare te e noi, Signore, così come tu ti compiaci e gioisci alla sola nostra vista lì, con i volti e le palme delle nostre mani a te rivolti. Nella concretezza e nella fatica della preghiera impariamo la teoria e il senso di ogni cosa che ci sono date di sperimentare, il male per cui chiedere scusa, la richiesta di un consiglio e di un aiuto, il tuo, l’ossequio della nostra fede e l’offerta della nostra fiducia.
Non è evasione la preghiera, ammesso che si tratta di quella vera, non lo potrebbe essere mai, perché in essa avviene il nostro respirare il tuo alito di vita, Signore, in ogni dimensione del nostro esistere, fintantoché ne avremo forza e coraggio, fino a quando non smetteremo di ritornare ad essere ogni giorno sempre di più una cosa sola con te.

venerdì 13 aprile 2018

Un click d’inizio e di fine, per un viaggio infinito

alla sera del giorno
13.04.2018

Ce ne accorgiamo quasi sempre a sera, in quei pochi secondi che, ad occhi chiusi, sdraiati, restiamo lì, abbracciati a quello che resta di noi. Ascoltando il sottofondo della nostra musica interiore, riguardiamo la moviola di quelle ultime parti di film che abbiamo girato fin dal mattino; e a sera riavvolgiamo con cura la pellicola ancora un po’ di più, fino a quando, un giorno, arriveremo all’ultimo suo fotogramma.
Ma la magia non sta nell’imprecisata fine di un film, quello della nostra vita, bensì in tutto quello che una pellicola può registrare, contenervi dentro, ricordare e raccontare di noi ancora una, cento, mille volte. È la magia di noi che narra il segreto di un’avventura, di una storia personale, che ci vede per protagonisti e inseriti a pelle nelle mille situazioni che viviamo come il nostro set esistenziale.
Il flusso degli attimi, dei nostri attimi di vita, diventano storia di noi, frammenti di un racconto, fotogrammi di quell’unica pellicola che ci è dato modo di girare, di registrare, di imprimere con il nostro vissuto, il nostro parlato, il sentito e l’operosità della nostra mente e del nostro cuore.
Tutto accompagna, tutto emoziona e tutto impreziosisce la preghiera che unisce i nostri respiri, che si riveste e si colora della nostra pelle. Fin dal mattino, oltre la finestra della notte, è preghiera quell’istante di noi che ci aiuta a dilatare il nostro cuore di riconoscenza e di fiducia per un nuovo giorno tutto da attraversare e da offrire a Colui che ancora è lì ad attendere lo schiudersi dei nostri occhi, il primo respiro e il primo pensiero.
Man mano che il giorno scorre, aiutaci, Signore, a restare noi stessi negli incontri che facciamo, nelle tensioni che accumuliamo, nelle fatiche che portiamo, nel nervosismo nostro e degli altri, nelle lacrime con cui ci bagniamo… aiutaci a restare uniti a te, come al filo di senso e di amore che alla fine lega ogni cosa a te e ricuce ogni nostra dimensione personale.
Se condiviso, Signore, ogni nostro problema, ogni gioia, ogni nostro progetto trova in te la sua direzione e la sua forza, il motivo profondo di un ringraziamento continuo per il cibo, per gli incontri, per le emozioni e per i sentimenti, per tutto quello che accade, per il disegno di vita che si va colorando tratto dopo tratto.
E l’infinito diventa il nostro viaggio, da mattino a sera, dalla vecchia sera al nuovo mattino, in una ripetuta, riconoscente e convinta offerta a te, Signore, di noi e di tutto ciò che ci attraversa l’anima.

giovedì 12 aprile 2018

Riempi il nuovo giorno dopo l’evidenza dell'amore

alla sera del giorno
12.04.2018

Anche il luogo più strambo può diventare il luogo più giusto, più opportuno per pregare; un piccolo spazio per entrare in quella convenienza dei pensieri, delle parole e delle vibrazioni del cuore che tutte insieme fanno del più sperduto angolo del mondo la cattedrale più bella tra tutte.
La convenienza, il guadagno spirituale, sta proprio nella fatica di calmare e di pazienza se stessi di fronte alla cascata impetuosa delle mille situazioni, delle altrettanto mille preoccupazioni, che fino a pochi istanti prima dettavano la direzione e il ritmo del cammino.
Basterebbe ritornare con l’animo alle cose di tutti i giorni per trovare in esse stimoli e motivi più che sufficienti per afferrare al volo l’ispirazione giusta e per dare inizio alla propria preghiera, per invocare sul numero dei propri passi altrettante numerose benedizioni del Cielo. Ma il pericolo è sempre quello di condizionare la propria intima relazione con Dio alla luce degli infiniti passaggi esistenziali dento i quali ci veniamo a trovare. Quanto è pericoloso tentare di ingabbiare la vastità del Cielo dentro i confini circoscritti del proprio mondo, chiedergli quel tanto che basta del suo aiuto ma nulla di più che potrebbe, alla lunga, costituire la causa di un problema in più.
Una pagina di Vangelo, o un altro testo sacro, è sicuramente quel terreno neutro, tra l’umano e il divino, più che interessante, più che opportuno, per incontrare noi stessi e Dio, per leggere e rileggere il vissuto di entrambi e vedere se, alla fin fine, è ancora possibile che il Cielo incontri la sua Terra.
Scoprire il messaggio nascosto dentro un frammento di Vangelo - letto, meditato, vissuto come possibile luogo d’incontro -, ascoltare la risonanza in noi di quel particolare eco di significati, di voci, di domande e di risposte esistenziali ci porta a vivere il tempo della preghiera come lo stesso valore della nostra vita.
Apriamo il Vangelo, Signore, ne leggiamo un brano, scopriamo in esso il messaggio nascosto e facciamo della nostra preghiera l’ascolto di quella speciale risonanza di te che produce in noi un senso nuovo di noi stessi e della vita intera.
Nella calma e nella pazienza delle esperienze vissute troviamo le parole adatte per parlare senza fretta con te, Signore, fino a quando il vento dell’ispirazione inizierà a gonfiare una ad una le vele delle nostre anime, per ridarci in dono quella leggera brezza dello Spirito, per cercare di individuare in te e in noi quella personalissima esperienza di fede, di speranza e di amore da ripetere ad ogni passo a noi stessi.
Nella cattedrale più bella delle nostre anime, sulle pareti dei nostri cuori tu scolpisci, Signore, il segno indelebile del tuo amore, fino a farci sentire la pace sgorgare dalle sorgenti profonde del nostro essere una sola cosa, vitale, con te.

mercoledì 11 aprile 2018

Vivere sostanzialmente di fronte a Dio

alla sera del giorno
11.04.2018

Se si prega con la vita, con l’interezza cioè di quello che siamo stati, siamo e confidiamo di essere un domani, sarebbe riduttivo, alcuni dicono addirittura sbagliato, credere che la preghiera sia uno stare solo fermi, immobili in un punto preciso del mondo, magari dentro un angolo di chiesa, o chissà dove di più intimo.
È una presunzione sottile, quasi impercettibile, quella di credere che la vera preghiera sia solo il risultato strategico di uno sforzo e di un trovare finalmente il rapporto faccia a faccia con Dio. Un traguardo questo irraggiungibile a qualsiasi uomo, a qualsiasi donna, con le sue sole forze personali; altra cosa è la volontà di Dio di rivelarsi a una persona nei tempi e nei modi che lui solo ha deciso di fare propri.
Che cos’è la preghiera se non la propria vita, ripiena di gestualità affettive, di consapevoli contatti con il mistero che tutto trascende alle altezze di Dio, accettazione e abbraccio dello spirito rasserenante del Cielo, un’immersione di pace nel cuore e nella mente, fino a raggiungere tutte le dimensioni del proprio vivere?
Beh, è chiaro che pregare – secondo il cuore e la mente di Gesù –, altro non è che un esercizio d’amore, così come lui ci ha insegnato, che in ogni dove giunge a vivere a un livello d’intimo rapporto di figliolanza e di amicizia con l’amorevole paternità di Dio, un frequente intrattenimento da solo a solo con Colui da cui, anche noi, sappiamo di essere immensamente amati.
Ogni volta che in noi riaffiora il desiderio di pregare, Signore, insegnaci tu a vivere anzitutto il nostro incontro con te, o nella staticità di un luogo dove siamo capaci di vivere la preghiera della quiete e del sonno delle potenze delle nostre anime; oppure, immersi dentro la corrente della musica della nostra vita, là dove la preghiera è dinamica, palpitante, ritmata da una storia personale, la nostra, diventata una lode continua, tutta per te.
Ponendoci da soli di fronte a te, rallentando in noi la corsa dei minuti, quasi spegnendo il motore del nostro andare, aiutaci, Signore, a rimetterci in sintonia con i battiti del nostro cuore, il colore delle nostre emozioni e la vibrazione dei sentimenti che ci fanno danzare con l’unica storia personale che abbiamo il dono di stringere tra le nostre braccia.
O dilatando l’attimo in cui restiamo immobili alla tua presenza, o immergendoci nel flusso degli infiniti attimi che vogliamo unificare tra loro, per cogliere il senso profondo di tutto il nostro esistere, noi lo sappiamo, Signore, che alla fin fine stiamo vivendo sostanzialmente di fronte a te. E tu… dolcemente soffi sulle nostre vele!

martedì 10 aprile 2018

Chiave del mattino, catenaccio della sera

alla sera del giorno
10.04.2018

È la normalità di tutti i giorni quella di aprire e di chiudere un mondo di cose. S’inizia alle prime luci dell’alba con qualche piccola, mezza idea per la testa e si prosegue, giù, giù per il ruscello delle ore, fino al tramonto del sole. Lo stesso è per i sentimenti, per le emozioni, per il positivo e per il negativo che ci portiamo dentro e per l’immancabile passione che accende o che spegne ogni nostra dimensione personale.
All’interno dello schiudersi e del chiudersi di ogni giorno la preghiera gioca un ruolo fondamentale, poiché essa porta in sé l’arma segreta del cambiamento. Nella delicatezza del suo silenzio e, al tempo stesso, del suo dialogo interiore ecco che ogni atto di preghiera ha il potere di produrre anche positivi cambiamenti psicofisici. In modo speciale, nella preghiera ripetitiva, nel ritornare più e più volte a un pensiero, a una parola riecheggiata nel profondo di noi stessi, e questo per un’infinità di volte, proprio la preghiera riduce l’ansia dei pensieri, l’affanno dei sentimenti e il pensiero ritrovano la calma necessaria per suo gestire il mondo dentro e il mondo fuori.
Un po’ tutti abbiamo imparato che grazie al cammino interiore della nostra preghiera l’esperienza della vita va un metro oltre le proprie umane capacità, si apre alla dimensione del Cielo, e i problemi vengono ridimensionati da una sincera e accorata fiducia nell’intervento di Dio.
Nel nostro sostare in preghiera con te, Signore, il nostro pensiero raggiunge via via la capacità dell’unità. Ogni cosa del nostro esistere trova la sua direzione verso quel centro di noi stessi che è abitato dalla tua amorevole paternità. Scatta, allora, in noi l’orgoglio di non sentirci mai abbandonati agli eventi della nostra storia personale e di quella molto più grande del mondo intero.
Quanto ci piace scoprire che agli occhi tuoi, Signore, noi siamo molto più importanti, molto più grandi, molto più splendenti del grigio dei nostri stessi problemi. Abitata dalla leggerezza del tuo amore, grazie alla nostra umana esperienza di contemplare il tuo volto, avvertiamo come la nostra anima si lasci attraversare dal respiro dell’umanità intera, così come del cosmo che tutto sostenta e racconta di te.
Ed è solo quando tu rispondi alla nostra lode, Signore, che si scioglie in noi il canto della gioia per la creatività, per l’umorismo, per l’ironia di noi stessi e per il nostro sforzo di relativizzare e di sdrammatizzare l’eccesso e l’ordinario delle nostre esperienze.
Tonificati, irradiati da te, Signore, eccoci pronti a vibrare di te solo e a emettere vibrazioni positive per noi stessi e per le altre persone, una sorta di onde alfa; e tutto grazie alla nostra preghiera, ora più che mai riscaldata dalla tua serenità e della tua armonia.

lunedì 9 aprile 2018

Una fragile illusione di falsa sostanza

alla sera del giorno
09.04.2018

Spesso ritorna, come i rintocchi quotidiani di una campana, l’eco della verità sulla crisi dell’uomo contemporaneo, economicamente e scientificamente accresciuto nelle sue potenzialità, culturalmente evoluto, ma a livello spirituale decisamente molto fragile, spesso arroccato sui suoi pregiudizio religiosi.
Ancora sono molte le persone che considerano la religione come un tentativo difettoso e infantile, utilizzato dai sempliciotti per fare fronte ai problemi della vita; un sistema di difesa che invece uomini e donne, sufficientemente emancipati e realizzati, non ci pensano due volte a rigettare prontamente.
Quante volte si sentono attorno a noi affermazioni del tipo “io credo solo a ciò che vedo”; “io credo solo a ciò che tocco con mano”. Mentre da parte sua la fede ha bisogno anche della coerenza veritiera delle scelte e dei fatti della vita; al contrario, alcuni giungono a negare la possibilità per i credenti di avere la loro comprensione intuitiva dell’esistenza, le loro certezze interiori e profonde su Dio e su se stessi, il dono della fede e quello ancora più delicato di una prima comprensione del mistero dell’amore di Dio. Diventa allora imperativo e legge di relazione per chi non crede negare agli altri quello che già per essi non è vero, ciò che non è razionalmente accettabile.
Eppure, la relazione diretta di ogni persona con Dio, la sua apertura e immersione graduale nella dimensione dello Spirito è qualcosa che ha a che fare con un atto pienamente umano, un’appartenenza significativa ad ogni cultura, l’ammissione di un bisogno a pelle della propria capacità di pensare se stessi, non in relazione al finito dell’esistenza, bensì dell’infinito di ogni realtà che vive e pulsa dentro il proprio cuore e la propria mente.
È una fragile illusione di falsa sostanza, Signore, quella di chi si fida del suo non credere in nulla e in nessuno, di quanti hanno bisogno di non avere assolutamente bisogno della fede.
Tuttavia, proprio nella ricerca della dimensione profonda delle cose, Signore, per quanto possa risultarti fragile, incostante, balbuziente, la nostra preghiera ci è quanto mai necessaria per unificare il tutto con noi stessi, per riconciliarci con la pelle della nostra vita, per riprendere possesso del senso ultimo e pieno della nostra storia personale.
Solida certezza di vera sostanza, la nostra preghiera invece sa di essere ascoltata, accolta e inverata dalla tua presenza, Signore, poiché attraverso essa tu ricostruisci e riabiliti la personalità di ogni uomo e di ogni donna. Pregare ci fa davvero bene alla vita, perché grazie ad essa scopriamo di essere tutti il risultato splendente del tuo amore. E il tuo amore ci fa un mondo di bene!