alla sera del giorno
17.04.2018
Non c’è peggiore povertà di quella che a volte regna nel cuore. Non è solo il problema delle persone avare, cioè quanti sono pieni di cupidigia, donne e uomini attaccati in modo disarmante solo ai propri interessi personali, incuranti della vita e della situazione degli altri.
La povertà del cuore è causata anche da una scelta sbagliata di approvvigionamento: l’errore di riempire le borse della nostra storia personale con qualsiasi cosa, senza fare troppa attenzione a che cosa di preciso v’infiliamo dentro. Non è vero che prendere un po’ di tutto alla fine sia la scelta migliore, che l’accumulo di molte cose alla fine ci aiuti davvero ad arricchirci di tante esperienze di vita e di altrettante occasioni di positività.
Quante volte in noi l’attaccamento del pensiero, del cuore e dell’anima non ci ha reso altro che diffidenti, chiusi, egoisti rispetto agli altri e alla generosità dell’intera vita. Quante occasioni di crescita abbiamo sciupato e non abbiamo sfruttato appieno, quando abbiamo incrociato la possibilità di imparare il valore del dono e dell’offerta agli altri di noi stessi. Solo alla fine ce ne siamo accorti che, se siamo fatti per cercare e per trovare amore, non potevamo riempire il nostro cuore di tutto ciò che alla fine ci vergogniamo di ritrovarci dentro.
È importante, invece, alimentare i nostri pensieri, il cuore e l’anima nostra con la sapienza dei giorni, che avremo ancora modo di vivere, e dei valori che semineremo nel campo del nostro stesso esistere. È nella dimensione della semplicità e dell’umanità, due qualità che abbiamo a garanzia della bellezza della nostra vita, che gradualmente possiamo invertire i poli delle nostre relazioni: dal prendere al dare, dal riceve al donare, dal catturare al liberare, da… all’offrire, non solo qualcosa, ma tutto noi stessi.
Offrire è proprio il terzo atteggiamento della preghiera, il verbo che tra tutti meglio ci insegna verso chi – e il perché – orientare i nostri occhi, a chi elevare le nostre mani, affinché sia offerta a Dio la totalità della nostra vita. Se poco prima abbiamo imparato ad accettare la prossimità di Dio, il suo camminarci accanto in ogni situazione della nostra storia personale, quanto diventa manifestazione grande e perfetta della nostra corrispondenza al suo amore, dimostrare che con l’offerta a Dio di ogni nostro pensiero, ciascuna vibrazione del cuore e dell’anima altro non facciamo che chiudere il cerchio dell’amore: da lui a noi, da noi a lui, e con l’intenzione del per sempre.
Tuffandoci nel nostro cuore, Signore, attraverso la forza diuturna della nostra preghiera, ecco che il nostro intimo, segreto, sussurrato dialogo con te, ci aiuta a pescare nel profondo di noi stessi tutto ciò che non può restare sommerso in noi, magari anche sotto una coltre di pattume, ma ogni nostra perla d’inestimabile valore è portata alla luce e alla bellezza dell’amore.
Tu accetti tutto di noi, Signore, un’offerta di noi che comunque è sempre a te gradita, poiché siamo frutto del tuo alito di vita e perché, liberi da ogni attaccamento del cuore, abbiamo imparato a camminare lungo il sentiero del distacco interiore.
Non ci perdiamo più in un sogno, ma ci ritroviamo nella certezza del tuo amore, quando cioè capiamo che tu ci ami, Signore; quando tu non ce lo dici una volta sola, ma quando ce lo ripeti ad ogni passo, ecco che è proprio allora che ci sentiamo pronti a offrirti tutto di noi, pronti a dirti che ogni frammento della nostra vita è “offro a te”, è davvero “per te!”.