alla sera del giorno
09.04.2018
Spesso ritorna, come i rintocchi quotidiani di una campana, l’eco della verità sulla crisi dell’uomo contemporaneo, economicamente e scientificamente accresciuto nelle sue potenzialità, culturalmente evoluto, ma a livello spirituale decisamente molto fragile, spesso arroccato sui suoi pregiudizio religiosi.
Ancora sono molte le persone che considerano la religione come un tentativo difettoso e infantile, utilizzato dai sempliciotti per fare fronte ai problemi della vita; un sistema di difesa che invece uomini e donne, sufficientemente emancipati e realizzati, non ci pensano due volte a rigettare prontamente.
Quante volte si sentono attorno a noi affermazioni del tipo “io credo solo a ciò che vedo”; “io credo solo a ciò che tocco con mano”. Mentre da parte sua la fede ha bisogno anche della coerenza veritiera delle scelte e dei fatti della vita; al contrario, alcuni giungono a negare la possibilità per i credenti di avere la loro comprensione intuitiva dell’esistenza, le loro certezze interiori e profonde su Dio e su se stessi, il dono della fede e quello ancora più delicato di una prima comprensione del mistero dell’amore di Dio. Diventa allora imperativo e legge di relazione per chi non crede negare agli altri quello che già per essi non è vero, ciò che non è razionalmente accettabile.
Eppure, la relazione diretta di ogni persona con Dio, la sua apertura e immersione graduale nella dimensione dello Spirito è qualcosa che ha a che fare con un atto pienamente umano, un’appartenenza significativa ad ogni cultura, l’ammissione di un bisogno a pelle della propria capacità di pensare se stessi, non in relazione al finito dell’esistenza, bensì dell’infinito di ogni realtà che vive e pulsa dentro il proprio cuore e la propria mente.
È una fragile illusione di falsa sostanza, Signore, quella di chi si fida del suo non credere in nulla e in nessuno, di quanti hanno bisogno di non avere assolutamente bisogno della fede.
Tuttavia, proprio nella ricerca della dimensione profonda delle cose, Signore, per quanto possa risultarti fragile, incostante, balbuziente, la nostra preghiera ci è quanto mai necessaria per unificare il tutto con noi stessi, per riconciliarci con la pelle della nostra vita, per riprendere possesso del senso ultimo e pieno della nostra storia personale.
Solida certezza di vera sostanza, la nostra preghiera invece sa di essere ascoltata, accolta e inverata dalla tua presenza, Signore, poiché attraverso essa tu ricostruisci e riabiliti la personalità di ogni uomo e di ogni donna. Pregare ci fa davvero bene alla vita, perché grazie ad essa scopriamo di essere tutti il risultato splendente del tuo amore. E il tuo amore ci fa un mondo di bene!