mercoledì 18 aprile 2018

Nella preghiera diventiamo discepoli dell’esperienza

alla sera del giorno
18.04.2018

Una nota continua, sospesa per aria, rasserenante nella sua melodia, leggera e graziosa nel suo volteggiare, che raccoglie e porta con sé i nostri pensieri, i sospiri della mente e del cuore, è quel tocco di delicatezza di cui avvertiamo il bisogno a sera.
Dopo ore e ore di serrato incedere su e giù per le avventure del giorno, talvolta in armonia con il mondo intero, altre volte con la lancia in resta per difendere ciò che di più unico e raro abbiamo nella vita, quanto si fa urgente in noi, nelle interiori desolazioni e consolazioni del cuore, il desiderio profondo di compassione, di amichevole presenza, di sete e fame di compagnia.
Spesso la solitudine non fa male per la mancanza di una persona, di un amore fino a pochi istanti prima lì presente, seduto di fronte ai nostri occhi, abbracciato al nostro respiro; è solitudine senza tregua la perdita di noi stessi, della luce nei nostri sguardi, della memoria dei nostri sorrisi… una perdita che sospira un ritrovamento.
Per fortuna non sempre, ma ci sono giorni e sere in cui il bisogno è quello della fiducia in noi stessi e di quella di chi ci cammina ancora accanto; bisogno di umana comprensione, di braccia amiche per la libertà che ci regalano nuovamente, di relazioni spoglie della pretesa altrui di esclusività, di attimi silenziosi di misericordia e di ritrovata fraternità con tutti.
È il quarto atteggiamento della preghiera quello della fiducia e del nostro abbandono a Colui che tutto in noi riveste di senso e di calore. Alla scuola delle svariate avventure di vita ci ritroviamo dentro i panni mai laceri del nostro essere sempre discepoli dell’esperienza, così come della speranza e della vita in Dio.
Sì, Signore, abbiamo bisogno di fiducia: anzitutto fiducia in noi stessi, nei sogni e nei desideri che hanno ancora energia e forza per rianimare i nostri pensieri; e fiducia in quello che ci attraversa il cuore e che sentiamo essere vivo in noi, fin nel profondo dei nostri sentimenti e delle nostre emozioni. Abbiamo bisogno di fiducia nella nostra anima, la sola voce che ci parla e ci suggerisce di alzare i nostri sguardi, di cercare i tuoi occhi, la conca del palmo delle tue mani, Signore, per trovare in essi la gioia del ritorno a te.
Se la preghiera ci aiuta ad avere ancora fiducia in noi stessi e nella vita, al ritrovamento dei tuoi occhi e del tuo sorriso, ad uno ad uno non possiamo non dirti “io mi fido di te”. Ma è solo quando giungiamo alle porte della sera che la preghiera accompagna la nostra nota interiore di ritrovata armonia e ci insegna a come rimettere a te, Signore, tutto noi stessi, fino a dirti con amore “io mi abbandono a te”.